domenica 14 settembre 2008

La verità sugli ultras di Napoli

Testimonianza di un giornalista. Krennhuber: "Ritardi e maltrattamenti studiati per provocare reazione. Nel treno solo qualche bagno demolito. Nessun attacco, la polizia invece nei bus picchiava a caso. Al ritorno trattenuti 4 ore senza acqua"

Reinhard Krennhuber, caporedattore della rivista calcistica "Ballesterer fm", accompagnato dal collega Rosenberg, ha viaggiato insieme agli Ultras Napoletani verso Roma e prende posizione in un'intervista al derStandard.at sui fatti accaduti.



I media raccontano di come atti di violenza all'inizio del campionato di serie A abbiano di nuovo danneggiato l’immagine del calcio italiano. Da fonti di agenzia di stampa si apprende di come 1500 Ultras Napoletani abbiano assaltato un treno alla stazione di Napoli costringendo a scendere 300 passeggeri. Inoltre avrebbero ferito quattro controllori di Trenitalia e danneggiato e saccheggiato le carrozze. All'arrivo a Roma Termini avrebbero acceso bombe carta e usato gas lacrimogeni mentre erano scortati dalle forze dell’ordine ai bus verso lo stadio. Trenitalia parla di danni attorno ai 500.000 Euro.

Reinhard Krennhuber, caporedattore della rivista calcistica "Ballesterer fm", accompagnato dal collega Jakob Rosenberg, ha viaggiato insieme agli Ultras Napoletani in trasferta verso Roma e prende posizione in un' intervista al derStandard.at sui fatti accaduti. "Ballesterer fm" ne parlerà in un articolo che uscirà il 7 ottobre sulla crisi nel calcio italiano, raccontando in particolare i fatti della partita Roma – Napoli.

Lei e stato un testimone oculare dei fatti successi alla stazione di Napoli, ci racconta cosa in realtà è successo?
"Innanzitutto non si può assolutamente parlare di Ultras Napoletani che abbiano minacciato e fatto scendere dal treno 300 passeggeri, poi degli attacchi ai controllori di Trenitalia non ne abbiamo preso atto. Il treno sarebbe dovuto partire alle 09:24. Poco dopo le 11 i dipendenti di Trenitalia sono passati sui treni per consigliare ai passeggeri non tifosi del napoli e senza intenzione di andare a Roma di lasciare il treno e di prenderne un altro, cosa che hanno fatto tutti. Alla fine si parte alle 12:30 in un treno strapieno e sovraffollato. All’arrivo a Roma la partita era già iniziata; siamo entrati all' Olimpico al 52° minuto di gioco, una vergogna pensando che la maggior parte degli ultras aveva pagato sia il biglietto del treno che il biglietto di entrata all'Olimpico per 28 Euro. Abbiamo assistito alla demolizione dei bagni ma non si arriverebbe comunque mai alla cifra che Trenitalia ha comunicato ufficialmente, e poi qualcuno mi dica cosa ci sarebbe da saccheggiare in un treno...il tutto si sottrae alla mia immaginazione, come la notizia che gli ultras avrebbero usato gas lacrimogeni alla stazione Termini".

C'è stato qualche momento in cui avete avuto paura che potesse succedere qualcosa?
"Non abbiamo avute paure create dagli ultras napoletani, non hanno attaccato le forze dell’ordine nè alla stazione nè allo stadio, anche perchè sapevano cosa ci fosse in gioco. L’unico momento di tensione è stato quando dopo la partita sono entrate le forze dell’ordine nei bus per picchiare a caso chiunque si trovasse sulla loro via, il tutto con la scusa che queste persone avrebbero ostacolato la partenza dei bus. La cosa più assurda e che questi bus sono partiti poi dopo un'ora e mezza! Ci hanno trattenuto dentro lo stadio per 4 ore senza la possibilità di acquistare acqua o cibo. La promessa di ricevere acqua non è mai stata mantenuta!"

Il Ministero degli Interni italiano vorrebbe emettere un divieto di trasferta ai tifosi napoletani e vorrebbe far giocare a porte chiuse il Napoli sanzionando anche la società con una multa. Lei pensa che questi provvedimenti servano a qualcosa?
"No, trovo il divieto alle trasferte e le porte chiuse un provvedimento molto esagerato. La maggior parte dei tifosi napoletani non ha commesso nessun reato durante la trasferta. Le accuse che gli incidenti siano stati pianificati e orchestrati dai fans o addirittura dalla camorra mi sembrano totalmente assurde, un'invenzione. Al contrario non riesco a smettere di pensare che il tutto, cioè il ritardo e diversi maltrattamenti, siano stati studiati di proposito come per avere una reazione da parte dei tifosi per provocare una reazione ed emanare poi i provvedimenti che adesso vogliono far passare".

Il capo della polizia Antonio Manganelli parla di risultati positivi ottenuti dallo Stato contro la violenza negli stadi. Afferma che dopo la morte dell'ispettore Raciti a Catania ci sono meno incidenti. Racconta poi di come la sicurezza negli stadi sia stata migliorata e come questo abbia di nuovo attirato le famiglie con i bambini a frequentare di nuovo lo stadio. Sono fatti reali o solo belle parole?
"Gli standard di sicurezza sono stati sicuramente migliorati ma si tratta solamente di qualche cancello e qualche tornello in più all’entrata. Gli stadi italiani sono ancora nelle stesse desolanti condizioni di prima, non è cambiato niente all’interno. A parte questo lo Stato italiano usa solamente la via della repressione, non hanno alcuna intenzione di spendere soldi o lavorare insieme ai tifosi per un programma con essi. Poi trovo la deposizione di Manganelli molto cinica, pensando che nel novembre 2007 veniva ucciso Gabriele Sandri da un colpo di pistola esploso da un agente della polizia. Inoltre non riesco a vedere l'incremento delle visite allo stadio da parte di famiglie. A Roma nel settore ospiti ho notato tra le 3600 persone due che erano sopra i 50 anni e cinque o sei donne, cosa che non mi stupisce affatto visto il trattamento a volte disumano che subiscono i tifosi".

Lei a che conclusioni arriva dopo il weekend passato?
"In futuro crederò ancora meno di prima alle notizie di scontri provenienti dall’Italia. C'è una discrepanza enorme tra quello che abbiamo vissuto quel giorno e cosa hanno riportato i media il giorno seguente. Per tutta la giornata non abbiamo incontrato un collega giornalista. I media non hanno fatto alcuna ricerca sul posto, si fanno dare i servizi già pronti dall'ufficio stampa delle autorità. E in quei servizi la versione dei tifosi non viene presa in considerazione o solo minimamente. Raiuno è l’unica emittente che ha fatto parlare anche tifosi e gente comune, e non solo politici e vari esponenti delle autorità su fatti. E quella gente comune e i tifosi raccontano analoghe storie come la nostra vissuta lo scorso weekend."

Thomas Hirner, derStandard.at, 5 settembre 2008


[Leggi tutto...]

Arabia: si fa cristiana, il padre la brucia viva

RIAD. Prima le ha taglia­to la lingua, poi l’ha uccisa appiccandole fuoco. Così un uomo saudita ha ammazzato la figlia perché quest’ultima si era convertita al cristianesimo. Lo ha riferito ieri il quotidiano “Gulf News”, senza però precisare i nomi dei soggetti coinvolti.

di Lorenzo Fazzini


L’unico particolare noto è che l’uomo è un membro della Commissione per la promozione della virtù e contro il vizio, l’ente cui è “affiliata” la muttawa, la famigerata polizia religiosa islamica che reprime ogni forma di atto non musulmano in Arabia Saudita.“Gulf News”, giornale edito a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, ha sentito alcune persone (rimaste anonime per motivi di sicurezza) vicine alla vittima che hanno riferito alcuni particolari della vicenda. Il padre avrebbe ucciso la ragazza dopo un’animata discussione di carattere religioso: a far scoppiare la lite sarebbe stato il ritrovamento, effettuato dal fratello, di alcuni articoli scritti dalla ragazza e custoditi nel suo computer personale.

Secondo il sito internet saudita “Al Ukhdoud”, la ragazza uccisa aveva scritto un articolo sotto lo pseudonimo di Rania pochi giorni prima di morire. In questo testo raccontava che la sua famiglia nutriva crescenti sospetti su di lei dopo una discussione avuta con familiari: fu poi proprio il fratello a «denunciare» in casa la sorella per essersi lasciata influenzare da «materiale trovato su Internet» e così cambiare la sua religione.“Gulf News” riporta anche la testimonianza di un amico della vittima, riferita dal sito “Free Copts”, secondo cui il padre della ragazza sarebbe al momento in stato di fermo e indagato per «delitto di onore». Si tratta di un’accusa che, una volta arrivata in tribunale, prevede pene molto blande per chi le subisce, oscillanti tra i sei mesi e i tre anni di reclusione. Intanto, pochi giorni fa il governo di Riad ha espulso 15 cristiani – di cui non si conosce la nazionalità – sorpresi, lo scorso aprile, a pregare in una casa privata nella città di Taif.
L’accusa – riferisce l’Ong americana International Christian Concern – è di «predicare la Bibbia».

Avvenire, 14 agosto 2008

[Leggi tutto...]