lunedì 1 ottobre 2007

Perché non si dice che in Birmania governa un regime comunista?

L'Italia è l'unico paese al mondo, insieme a Cuba e Corea del Nord, in cui partiti che si definiscono comunisti tengono in piedi il governo e attraverso stampa e televisioni manipolano la realtà fino al punto da non dirci che in Birmania è proprio il comunismo a governare.


Chiamiamolo Comunismo

di Massimo Introvigne

Diceva Napoleone che ci vuole coraggio per chiamare gatto un gatto e sconfitta una sconfitta. Oggi ci vuole ancora più coraggio per chiamare comunista un comunista. La parola, giustamente, fa paura. Il maggiore specialista accademico mondiale del comunismo, Robert Service, nel suo recente «Compagni!» lo ha definito il peggiore cancro che abbia attaccato nella storia l'organismo umanità, esibendo come prova un costo umano certamente superiore ai cento milioni di morti. Perfino in Cina e in Vietnam si dibatte se il termine «comunista» designi ancora adeguatamente l'attuale regime misto di autoritarismo e mercato. Sono rimasti tre i Paesi in cui partiti che si definiscono orgogliosamente comunisti tengono in piedi i governi: Cuba, la Corea del Nord e l'Italia.

L'anomalia italiana, unica in Occidente, spiega un curioso atteggiamento dei media e in particolare della televisione e della radio di Stato a proposito di quanto sta accadendo in Birmania (ribattezzata dal regime Myanmar). Mentre in America o in Francia si parla tranquillamente delle origini comuniste del regime di Rangoon, il telespettatore italiano che ignori tutto della Birmania ha scoperto negli ultimi giorni che è governata da una «dittatura», così da essere autorizzato a pensare che nel lontano Paese asiatico siano al potere i nipotini di Pinochet. Un giornale radio ha perfino parlato di «dittatura fascista», forse inducendo qualcuno a controllare nei libri di storia se dopo la marcia su Roma i quadrumviri non abbiano fatto un salto in Birmania per fondare il fascio di Rangoon.

Non è proprio così. Dal 1962 al 1988 il regime birmano è un tipico regime comunista, guidato da un gruppo di militari marxisti il cui capo, il generale Ne Win (morto nel 2002), promuove una disastrosa «via birmana al socialismo», imponendo un'economia rigorosamente collettivista che riduce il Paese alla fame mentre la repressione fa qualche migliaio di morti. Nel 1988 i birmani - già allora guidati dalla Lega per la Democrazia (NLD) di Aung San Suu Ky, figlia del padre dell'indipendenza nazionale - non ne possono più e scendono in piazza. Ne Win è estromesso dal potere, sostituito da una giunta militare che elimina prudentemente dal suo partito il nome «socialista» - sostituito da un richiamo vagamente minaccioso a «legge e ordine» - e promette libere elezioni. Quando nel 1990 la LND vince le elezioni, i generali ne arrestano i dirigenti e tornano a un sistema che assomiglia come un fratello gemello al vecchio regime comunista, salvo che non si parla più di comunismo e s'incoraggiano gli investimenti stranieri offrendo anche il lavoro semi-gratuito di detenuti comuni e politici. Ma non è questione di nomi. Tutti gli uomini forti dell'attuale governo vengono dal vecchio Partito del Programma Socialista (cioè, dal Partito comunista birmano) di cui l'attuale presidente, il generale Than Shwe, è stato il braccio armato nella repressione del 1988. Dal punto di vista della retorica, dei diritti umani, della (non) libertà di stampa e di associazione la Birmania rimane un regime di matrice comunista. Se si eccettua la presenza delle multinazionali straniere, l'attività economica resta ampiamente nelle mani dello Stato. I morti fatti dalle truppe che sparano sulla folla in Birmania non sono vittime di una generica «dittatura», ma di un regime post-comunista che è «post» solo in quanto almeno si vergogna d'invocare il nome del comunismo, pur mantenendone la sostanza. In Italia non ci si vergogna neppure del nome.

il Giornale.it, 29 settembre 2007

FONTE

4 commenti:

Anonimo ha detto...

governa un regime, quale esso sia non ha importanza; sono tutti uguali, comunisti, fascisti e religiosi

L'Ingegnere Volante ha detto...

Caro Anonimo,

Il post vuole solo mettere l'accento sulla disinformazione imperante in Italia, che arriva perfino a nascondere la natura "comunista" della dittatura birmana per non dispiacere troppo ai rossi che governano a Roma.

Ma se proprio ne dobbiamo parlare, allora, secondo Freedon House, tra i 40 Paesi con regime dittatoriale, i cinque peggiori sono:

1. la Corea del Nord con Kim Jong Il;
2. il Turkmenistan con Saparmurat Niyazov;
3. il Myanmar (ex Birmania) con il Generale Than Shwe;
4. la Bielorussia con Alexander Lukashenko, l’ultimo dittatore d’Europa;
5. Cuba con Fidel Castro.

Guarda caso tutti comunisti, o che si ispirano al social-comunismo. Quindi si può e si deve fare una distinzione tra le dittature.

Ad ogni modo hai ragione ad accomunare regimi fascisti e comunisti nella misura in cui questi sono entrambi figli dell'epoca Moderna. La quale nasce all'insegna dell'instaurazione di un nuovo ordine mondiale basato su "un uomo nuovo e un mondo nuovo". Il Novecento è senza dubbio il secolo in cui tutte le ideologie moderne nate dalla Rivoluzione francese trovano applicazione. E i disastri da esse provocati sono sotto gli occhi di tutti. Per non parlare dei milioni di persone che hanno perso la vita nel nome dei "lumi".

Un discorso diverso va invece fatto per i regimi teocratici, che nulla hanno a che vedere con le ideologie nate in Occidente. Anche geograficamente parlando, questi riguardano per lo più i paesi musulmani. E di questi mi sa che ne sentiremo parlare per tutto il XXI secolo. Anche perché, da almeno trent'anni (1973 - crisi del petrolio), i regimi ispirati da Allah hanno puntato sull'Europa per trasformarla in Eurabia.

Concludendo, se i regimi fascisti sono ormai roba del secolo scorso, mentre quelli comunisti sono invece - ahinoi! - vivi e vegeti (e c'è chi tifa per loro anche a Palazzo Chigi), quelli che ci devono preoccupare di più per l'avvenire sono, senza ombra di dubbio, proprio i regimi islamici.

Anonimo ha detto...

I comunisti italiani versa la fine del conflitto mondiale e anche dopo hanno ammazzato migliaia di innocenti, molti del sud ed anche preti. Questi crimini contro l'umanita` sono stati mascosti dal popolo italiano e Siciliano per tutti questi anni. Il sito sequente dice tutta la verita`. Ho anche trovato il nome di mio zio Siciliano ammazzato il 23 Aprile del 1945 a San Pietro in Casale prov. di Bologna dai comunisti. Lui faceva il calzolai per mantenere la famigli in Sicilia.
http://www.inilossum.eu/ElencoTriangolo.html

Anonimo ha detto...

Leggete la verita` sui crimini contro l'umanita` commessi dai comunisti italiani

http://www.inilossum.eu/ElencoTriangolo.html