domenica 27 gennaio 2008

Animus Tuus Dominus!


Giovani Siciliani in piazza Politeama (Palermo) festeggiano le dimissioni di Cuffaro



V. Bellini, Suoni la tromba!, da "I Puritani"
(inno ufficiale della Sicilia)


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sabato 26 gennaio 2008

Cari laici, allegria, la Chiesa vi salverà

Dilaga e appassiona la diatriba su “Dio e politica”. Ieri [30 dicembre 2007] (di nuovo) Eugenio Scalfari sulla Repubblica, Barbara Spinelli sulla Stampa, addirittura Sandro Bondi sull’Unità, Piergiorgio Odifreddi sulla Repubblica e il cardinal Bertone dovunque: tutti a cimentarsi con la stessa questione.
Allora vorrei chiedere ai nostri commentatori e ai nostri politici – specialmente a Marco Pannella, ma anche a Eugenio Scalfari – di indovinare chi ha pronunciato le parole che seguono. Sentite che bomba: “Per me non c’è politica che non sia contemporaneamente religione. La politica serve la religione. La politica senza la religione è una trappola per gli esseri umani, perché uccide l’anima. Sono fermamente convinto che oggi l’Europa non stia mettendo in pratica lo spirito di Dio e del cristianesimo, bensì lo spirito di Satana”.
Non si tratta di un prelato, né di un politico cattolico. E’ il Mahatma Gandhi. Sì, proprio quello che i radicali di Pannella hanno trasformato – con incredibile disinvoltura – in loro simbolo.

Era forse anche lui integralista, baciapile e confessionale? Difficile sostenerlo. Gandhi non era cattolico e viveva in un Paese dove i cristiani sono una piccola minoranza. Gandhi inoltre non aveva niente a che fare col fondamentalismo di cui anzi fu vittima (fu ucciso da un fanatico indù). Ma grazie all’incontro con la cultura europea (ovvero la democrazia inglese, “esportata” in India) aveva interiorizzato ciò che il cristianesimo aveva portato nel mondo. Innanzitutto la sacralità della persona umana, di ogni singolo essere umano, di cui nessuno può abusare, che nessuno può violare e uccidere.

Infatti Gandhi sosteneva l’esatto opposto delle idee dei radicali italiani sui temi fondamentali come l’aborto (“mi sembra chiaro come la luce del giorno che l’aborto è un crimine”). A lui era chiaro che non si può sostenere a parole la dottrina della “non violenza” e poi giustificare e teorizzare l’uccisione degli esseri umani più indifesi e innocenti. Così come non si può gridare “Nessuno tocchi Caino” e poi legalizzare la soppressione di milioni e milioni di Abele. Questa era la “religiosità” gandhiana in politica.
Eredità laica perché cristiana: è stato infatti il cristianesimo che ha inventato la laicità dello stato e delle istituzioni umane ponendo loro dei limiti (i diritti della persona umana e i diritti di Dio). Prima di Cristo il potere ha sempre sacralizzato se stesso, imponendo ai popoli sterminati sacrifici umani. In un memorabile discorso alla Sorbona l’allora Cardinale Ratzinger sostenne che il cristianesimo era stato il vero “Illuminismo” che aveva dissolto le tenebre delle superstizioni. Sia le superstizioni delle religioni pagane che sacralizzavano la natura, impedendo fra l’altro all’uomo di conoscerla, dominarla e usarla e spesso sacrificando esseri umani. Sia la sacralizzazione del potere (l’Imperatore, lo Stato e via dicendo).

Certo è accaduto pure che degli uomini di Chiesa in passato abbiano in qualche modo appoggiato eccessivamente certi regimi detti “cattolici”. E hanno sbagliato: non a caso Giovanni Paolo II ha voluto chiedere certi dolorosi “mea culpa” alla cristianità. Così come sarebbe sbagliato oggi che degli ecclesiastici pretendessero di interferire in politica, esorbitando dai propri compiti pastorali (tentazione possibile e da rifiutare). Tuttavia sono proprio queste eccezioni che confermano la regola.

E’ stato il cristianesimo a “desacralizzare” il potere e il mondo. Anzi, per la verità Ratzinger afferma che già il primo libro della Bibbia, la Genesi, è la prima grande desacralizzazione del cosmo perché mostra il sole, la luna e le stelle come opere create (e non divinità) e quindi spalanca all’uomo l’avventura della conoscenza razionale e scientifica.
E’ in questo paradosso che sono sbocciate, nella storia, la democrazia e la libertà. Il paradosso è il seguente: la necessaria laicità è stata partorita storicamente ed è “garantita” da una “religione”. Questa verità ha trovato una conferma clamorosa proprio nel Novecento, quando è accaduto che l’abbandono del cristianesimo, anzi la lotta ad esso, ha permesso l’esplodere di ideologie assolutiste e neopagane, che di nuovo sono tornate tragicamente a divinizzare lo Stato, il Capo, la Razza, il Partito, la Classe e quant’altro (ultimamente la Scienza, o meglio la sua degenerazione scientista, viene presentata come nuova ideologia indiscutibile da adorare).

Ancora Ratzinger ha scritto che quando si rifiuta “la speranza che è nella fede” si rifiuta anche “il senso di misura della ragione politica”. Allora nella politica si proiettano speranza messianiche, palingenetiche e accadono le tragedie che abbiamo visto consumarsi nel Novecento: “Una simile politica, che fa del regno di Dio un prodotto della politica e piega la fede sotto il primato universale della politica è per sua natura politica della schiavitù; è politica mitologica”.
Il cristianesimo è il vero illuminismo che libera da queste mitologie oppressive e disumane: “il primo servizio che la fede fa alla politica” scrive Ratzinger “è la liberazione dell’uomo dall’irrazionalità dei miti politici, che sono il vero rischio del nostro tempo”. Infatti il cristianesimo ha reso possibile quel pensiero liberale autentico – penso a Karl Popper – che rifiuta come pericolosi e tragici le utopie e ogni “perfettismo” indicando proprio l’ “imperfetto” come il terreno vero di lavoro dell’uomo. “Il cristianesimo, in contrasto con le sue deformazioni” scriveva ancora il cardinale Ratzinger “non ha fissato il messianismo nel politico… Ha insegnato l’accettazione dell’imperfetto e l’ha resa possibile”.
Accettare l’imperfetto non significa affatto rassegnarsi a un mondo sbagliato o ingiusto, ma riconoscere che la realtà è “semper reformanda”, scorgere dappertutto miglioramenti da portare, darsi da fare per cambiare continuamente il mondo senza pretendere mai di raggiungere l’ordine perfetto. E’ il rifiuto di ogni fondamentalismo, di ogni massimalismo, di ogni fanatismo (sia religioso che giacobino).

Infatti il cardinale Ratzinger – parlando a deputati della Cdu tedesca - osò teorizzare la profonda moralità del compromesso: “Essere sobri ed attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l’impossibile è sempre stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale. Il grido che reclama le grandi cose ha la vibrazione del moralismo; limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale, sembra il pragmatismo dei meschini. Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco dell’umanità dell’uomo e delle sue possibilità”.
Il cardinale concludeva con questa sciabolata: “Non è morale il moralismo dell’avventura, che intende realizzare da sé le cose di Dio. Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell’uomo e compie, entro queste misure, l’opera dell’uomo. Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica”.

Questa è la vera scuola della laicità. La voce della Chiesa, la tradizione cristiana, è il miglior antidoto all’insorgere di ogni fanatismo, al risorgere di ideologie totalitarie e di ogni fondamentalismo. Il paradosso di fronte al quale si trova l’Europa e l’Italia è questo: se vogliono restare laiche, cioè regno della libertà e dei diritti umani (di tutti, bambini compresi), hanno bisogno della voce della Chiesa e della tradizione cristiana. Appena la mettono al bando calano le tenebre – come si è visto nel Novecento – e sulla nostra terra si scatenano i dèmoni.

Antonio Socci, su Libero del 31 dicembre 2007

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Altroché se quell'Angelus è politica...

Politica viene da “polis”, significa “città” e l’Angelus è l’annuncio decisivo: sta per entrare nella città degli uomini il Re dell’universo…

di Antonio Socci

La preghiera dell’Angelus (che ricorda l’Annunciazione, il “sì” di Maria e l’incarnazione di Dio) è politica con la P maiuscola. Politica vera, non politichetta. E’ la politica di Dio: annuncia il ribaltamento del potere nel mondo, l’annientamento di tutti i poteri, l’inizio della loro fine (anche il presuntuoso potere degli intellettuali di cui Dio si infischia). E’ l’unica vera rivoluzione ed ha un bel volto di fanciulla: è la rivoluzione della tenerezza e dello stupore.

Nessun potere può sentirsi più sicuro da quell’attimo in cui, alla periferia dell’Impero romano (e di tutti gli imperi della storia), una bellissima fanciulla quindicenne, inerme e indifesa, ma coraggiosissima e decisa a tutto per il Signore, ha detto il suo “sì” a Dio. E’ da quel “sì” che Dio volle domandare e a cui volle sottoporsi, che tutte le donne, considerate fino ad allora nulla in quelle civiltà, acquistarono il diritto, nella storia, di poter dire “sì” o “no”, come creature libere.
v Grazie a quel “sì” è entrato nella storia l’unico vero Potente, l’unico vero Re. Pochi giorni dopo il suo sì, Maria, col cuore che scoppiava di felicità, cantando e danzando, ha svelato alla cugina Elisabetta cosa sarebbe accaduto. E’ la sua profezia: “(Dio) ha spiegato la potenza del suo braccio/ ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore/ ha rovesciato i potenti dai troni/ ha innalzato gli umili”.

Ha rovesciato i potenti dai troni? Ha innalzato gli umili? Ma quando e dove? La nostra generazione ha visto come il più vasto, duraturo e disumano degli Imperi del Male, quello che aveva provocato il più oceanico macello di cristiani della storia (più di 100 milioni di vittime), quello che si estendeva da Trieste all’Alaska e che nessuno immaginava di poter mai abbattere, in una notte si è totalmente disintegrato. Afflosciato su se stesso. La bandiera rossa è stata ammainata dal Cremlino il 25 dicembre del 1991, il giorno di Natale, quando nasce il Leone di Giuda, il vero Re. E la fine dell’Unione Sovietica era stata decretata l’8 dicembre 1991.

Vi dice niente questa data? L’8 dicembre è la festa liturgica dell’Immacolata concezione che ci porta a Fatima. Dove la Madonna apparve ai tre bambini portoghesi, proprio nel 1917, preannunciando la rivoluzione bolscevica in Russia che infatti si sarebbe perpetrata di lì a poche settimane. E, dopo aver messo in guardia da immani persecuzioni, la Vergine concluse il suo drammatico messaggio così: “Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”. E così è stato l’8 dicembre ‘91, festa del’Immacolata. Contro qualunque immaginazione umana o calcolo politico, sorprendendo tutti. Il crollo del potere più granitico e orrendo porta il segno dell’Immacolata.

Questo è l’evento a cui ha assistito la nostra generazione. Ma da duemila anni, da quel “sì” pronunciato da una ragazzina ignota a tutti in terra, tutta la storia umana è stata ribaltata. Perché prima dominavano le tenebre più disumane e barbare. Tutti gli imperi e tutte le religioni della storia – come ha insegnato il grande René Girard - si fondavano sui sacrifici umani. Non solo quelli agli dèi, a migliaia, ma quelli decretati da re e imperatori per lotte e conquiste. Tutta la struttura sociale e civile si fondava sulla schiavizzazione di interi popoli, sull’arbitrio del potente sul debole. Donne, bambini e ammalati valevano meno di niente e la loro vita era di norma violata e soppressa.

Non a caso nel Vangelo, nell’episodio delle tentazioni, Satana dice a Gesù (e rivela a noi: è un grande scoop politico) che tutti i regni della terra sono nelle sue mani. Tutti i poteri (anche quello che ciascuno di noi impone nella dinamica dei rapporti quotidiani). E’ per spazzar via questo crudele padrone che il Re è venuto. E ha vinto. Non con la forza, ma con l’amore. Non uccidendo, ma lasciandosi uccidere. E mostrando – come ripete sempre Benedetto XVI – che a vincere nella storia non sono i crocifissori, ma i crocifissi.

A vincere oltrecortina non è stato il feroce Stalin che sembrava onnipotente e che oggi è polvere, ma i tanti inermi martiri, macellati in odio a Cristo. Alla fine il loro amore e la loro fede hanno aperto la strada alla potenza di Dio che domina la storia e vince. Per questo i cristiani sentono la preghiera dell’Angelus con tanta commozione.

Perché è l’annuncio che la notte è finita. La storia umana secondo Hegel è una immensa macelleria. Ebbene, da quel “sì” di Maria sulla notte della storia, che gronda sangue innocente e crudeltà, è esplosa l’alba, il volto di un Re potente e buono che vince. Dante, nella Divina Commedia, racchiude in una bellissima terzina l’attimo cruciale dell'Annunciazione come il momento in cui finalmente il Cielo si apre sul mondo, soccorre gli uomini e piove una pace nuova, sconosciuta alla storia umana: “L’angel che venne in terra col decreto/ de la molt’anni lagrimata pace,/ ch’aperse il ciel del suo lungo divieto”.

Per restare a Firenze, c’è un bellissimo filmato della Rai, in bianco e nero, dove compare Giorgio La Pira che si lancia in una vertiginosa lettura teologica del pianeta terra. Il sindaco santo è inquadrato davanti all’antico convento di San Marco, dove lui viveva, e dice col suo candido sorriso: “Firenze è il centro del mondo, San Marco è il centro di Firenze e l’Annunciazione del Beato Angelico (che è affrescata lì, nda) è il centro di San Marco. Quindi l’Annunciazione è il cuore della storia”.

Da quell’Annuncio nel mondo è entrata la luce. E – di conseguenza – tutto quello che nella nostra civiltà c’è di vero, di buono e di bello. In quella terra, l’Europa, che ha accolto l’annuncio cristiano è fiorita l’umanità. E’ sbocciata la pietà per gli ammalati e sono stati inventati gli ospedali, la passione per la conoscenza (e sono nate le università e la scienza), la sacralità di ogni persona umana ed è sorta la libertà dei popoli. E la passione per la bellezza che ha fatto fiorire di arte la nostra terra, soprattutto nel ricordo di quella ragazzina di Nazaret, la donna più rappresentata e amata, in ogni angolo d’Italia e d’Europa.

La preghiera dell’Angelus – che fu carissima a Giovanni Paolo II - forse è di origine francescana. E non stupisce, considerato l’amore di Francesco per la Madre di Gesù. La prima notizia infatti è datata 1269, quando san Bonaventura da Bagnoregio, generale dell’ordine, a un Capitolo prescrisse ai suoi frati di salutare ogni sera la Madonna col suono della campana e la recita di alcune Ave Maria in ricordo dell’Incarnazione di Dio.

Fece propria questa pratica anche fra’ Bonvesin de la Riva, grande letterato milanese (1240-1313), dell’Ordine degli Umiliati, cosicché nella città di Milano si cominciò ogni sera a suonare l'Ave Maria. Da Milano questa pratica dilagò. Accade perciò che Papa Giovanni XXII (1245-1334) ordina al suo Vicario che a Roma si suonino ogni giorno le campane affinché ciascuno “si ricordi” di recitare tre Ave Maria in memoria dell'Annunciazione. La preghiera si chiamerà popolarmente “il saluto dell'Angelo”. E dal 1400 si cominciò a recitarla anche al mattino, finché nel 1456 papa Callisto III ordinò che le campane suonassero l’Angelus anche a Mezzogiorno.

Il re di Francia, a quel suono, s’inginocchiava sulla nuda terra come il più umile dei suoi contadini. In ricordo di quel “sì” di Maria. Memorabile resta il quadro del pittore francese Jean François Millet (1814-1875), intitolato “Angelus”, dove un giovane contadino e la sua giovane donna, in un campo, al tramonto interrompono il lavoro e recitano, raccolti, quella preghiera. Perché dopo quell’ “Ave” (che è l’inverso di “Eva”), la Vergine, la nuova Eva, ci ha donato il Liberatore ed è iniziata la nuova storia del mondo, la nuova creazione. Non solo “un altro mondo è possibile”, ma c’è già.

Da “Libero”, 20 gennaio 2008

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mercoledì 16 gennaio 2008

VIETATO AL PAPA IL TEMPIO DELL'IGNORANZA

L'ennesima vergogna per l'Italia è andata in scena con l'impedimento al Papa di tenere un intervento all'Università La Sapienza di Roma. Ancora una volta una piccola minoranza violenta ha deciso per tutti, senza che il governo, lo Stato abbiano mosso un dito per impedire questo ennesimo insulto alla democrazia. Il presidente del Consiglio, il ministro dell'Interno, quello dell'Università - e anche autorevoli esponenti dell'opposizione - si sono stracciate le vesti quando il delitto si era già consumato, ma per giorni, quando la polemica aveva preso una piega dagli esiti prevedibili, hanno osservato il più assoluto silenzio rendendosi complici di quanto accaduto.

Quanto agli argomenti di quei docenti che hanno preteso di non fare entrare papa Benedetto XVI nell'Università fondata da papa Bonifacio VIII, vi proponiamo l'anticipazione dell'editoriale che sarà pubblicato su "Il Timone" di febbraio.


NANI E MOLOSSI
di Gianpaolo Barra

Forse vi sorprenderete, ma a me piacciono i cani. Due o tre volte in vita mia, sono andato a vedere una esposizione canina, dove sfilano esemplari selezionati di tutte le razze. Preciso: mi piacciono i cani grossi, enormi, maestosi, quelli che i cinofili classificano con il termine di “molossi”. Alti, imponenti, muscolosi, in genere pacifici. E tra questi – ve ne sono di diverse misure – quelli che apprezzo di più sono capaci di pesare oltre cento chili, anche fino a 120.

Hanno un bel carattere. Di solito non reagiscono, se provocati tardano a rispondere, se sei un malintenzionato che tenta di entrare nel giardino di casa dove fanno buona guardia, questi giganti ti si piazzano davanti, ti fissano negli occhi, come a dirti: “pensa a quello che stai per fare”. Certo, se poi non ci pensi, peggio per te. Ti saltano addosso e non hai scampo, sei finito. Se ti atterrano, possono schiacciarti come si fa con una bistecca. Se ti mordono, la loro presa è terribile: un allevatore mi ha detto che la forza del morso del mastino inglese – un molosso enorme – equivale a molte centinaia di chili per cm2. Si capisce bene che con un paio di morsi di questo genere ti ritrovi dimagrito di dieci chili.
Insomma, mi piacciono i molossi per questa loro forza immensa.

Tuttavia, qualche volta – anzi: spesso – succede che se uno di questi bestioni si trova di fronte un cane “nano”, uno di quei “chiwawa” notoriamente attaccabrighe e abbaiatore, il molosso non reagisca. Anzi, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, si limita ad osservare, con sguardo languido e compassionevole, piegando il capo da un lato, come se provasse tenerezza, ma ben consapevole che basterebbe un soffio per polverizzare la bestiola “rompiscatole”. Non solo: “pro bono pacis”, il gigante è capace pure di scostarsi, indietreggiare, cedere il passo o lasciare il posto.
Osservando la scena, un marziano, che ignora tutto sulla cinofilia, dirà che il chiwawa è più coraggioso, determinato e perfino più forte del povero molosso.
Un intenditore, invece, sa che il gigante non vuole approfittare della sua forza e lascia perdere. Non vale la pena sprecare un millesimo di energia per farsi valere.
Perché ho scritto queste cose? Perché mi sono venute in mente appena ho saputo della vicenda accaduta all’Università “La Sapienza” di Roma.

Come è noto, poco più di una sessantina di docenti hanno brigato – riuscendoci – per impedire al Papa di partecipare all’inaugurazione dell’anno accademico. Il Pontefice avrebbe dovuto tenere un discorso davanti al Rettore, al corpo docenti e agli studenti. Ma ha preferito soprassedere di fronte alla reazione scatenata dai contestatori.
Il Papa ha fatto bene, naturalmente. E il mondo ha coperto di ridicolo l’Università, quei professori, quegli studenti e – forse – anche il nostro povero Paese.
Ma sì, pensateci bene. Il mondo ha visto ripetersi esattamente quella scena sopra descritta.

Di fronte a un gigante del pensiero teologico, a un fine cultore del pensiero filosofico, di fronte a un intellettuale di statura molossoide, un gruppo di “chiwawa” del pensiero, un manipolo di nanetti della docenza, dei quali la storia non ricorderà nemmeno il nome, tanto insignificante è la loro statura intellettuale e rozza la loro educazione, ha deciso di emettere un “abbaio”.
E il gigante, come succede in questi casi, li ha guardati con compassione. E ha lasciato perdere.
Il nostro marziano, ignaro di come funzionano le cose sulla terra, si farà probabilmente impressionare da cotanta prova di forza.
Chi se ne intende, invece, vede l’abisso che separa le intelligenze dei protagonisti.
Quella del Papa giganteggia.
Quella dei contestatori non risponde all’appello. É fuggita tempo fa, spaventata dal proprio stesso abbaio.

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lunedì 14 gennaio 2008

Il mondo scopre l'affaire "rifiuti"

Grazie a un lavoro certosino dell'Abate Vella, possiamo renderci conto di come il mondo stia scoprendo in queste ore la verità sull'affaire "rifiuti" in Campania. A seguire i ritagli di giornale tratti dal blog Il Consiglio.

“In più, la polizia sostiene che la Camorra scarica a Napoli camion e camion di rifiuti dalle industrie del nord Italia a prezzi più bassi della competizione legale, aggiungendoli al cumulo di rifiuti”.
8 gennaio 2008 – The Telegraph (Gran Bretagna)

“La camorra ha esacerbato il problema smaltendo illegalmente i rifiuti industriali provenienti dal nord Italia nei siti del meridione”.
8 gennaio 2008 – Somalinews (Somalia)

“Gli inquirenti dicono che la camorra paga i camionisti per raccogliere i rifiuti industriali di aziende nel nord Italia a prezzi più bassi di quelli possibili nel mercato legale”.
8 gennaio 2008 – Macau Daily Times (Cina)

“Eliminando la competizione con offerte sottocosto e stravolgendo le procedure di sicurezza, l'ecomafia manda rifiuti indutriali dal nord e li scarica illegalmente nelle aree attorno a Napoli in un giro d'affari che l'ambientalista Raffaele Del Giudice dice raggiunga un valore di crca 2,5 miliardi di euro all'anno”.
9 gennaio 2008 – IOL News for South Africa (Sud Africa)

“Aziende gestite dalla camorra vincono in genere i contratti per lo smaltimento dei rifiuti delle industrie del nord Italia eliminando la competizione con offerte sottocosto, quindi lo smaltiscono illegalmente e senza trattamento nei fiumi e nelle discariche campane”.
9 gennaio 2008 – Fox News (USA)

“La camorra ha riempito le discariche, non solo con rifiuti urbani ma anche con rifiuti industriali trasportati da tutta l'Italia”.
9 gennaio 2008 – Reuters (USA)

“Molte discariche in Campania sono controllate dalla camorra, che fa ottimi affari stravolgendo le procedure di trattamento dei rifiuti e scaricando rifiuti industriali provenienti dal nord”.
10 gennaio 2008 – Sydney Morning Herald (Australia)

“«Un quarto dei rifiuti tossici ed industriali prodotti nel nord Italia è spedito a sud attraverso aziende del nord con legami con la Camorra», ha aggiunto Raffaele Del Giudice, un altro attivista di Legambiente”.
10 gennaio 2008 – National Post (Canada)

“Molte discariche in Campania sono controllate dalla camorra, che fa ottimi affari stravolgendo le procedure di trattamento dei rifiuti e scaricando rifiuti industriali provenienti dal nord”.
11 gennaio 2008 – AFP Agence France Press (Francia)

“Eliminando gli operatori legali con offerte sottocosto, le gang hanno preso controllo di discariche come quella di Pianura. Le gang controllano anche lo smaltimento di rifiuti ed usano i siti che gestiscono per smaltire non solo i rifiuti urbani napoletani ma anche, e questo è il fatto cruciale, i rifiuti tossici industriali provenienti da lontano”.
11 gennaio 2008 – The Independent (Gran Bretagna)

Nel frattempo al nord...

E così i rifiuti vengono mandati in Sicilia in base ad accordi non dissimili da quelli che la camorra avrebbe fatto con le aziende del nord...

Nota ore 10:00 Am - Apprendiamo con piacere che oltre al MIS (leggi il comunicato) anche L'Altra Sicilia ha organizzato una protesta simbolica contro l'arrivo dei rifiuti in Sicilia. Alleghiamo il testo del comunicato stampa appena arrivato:

Navi spazzatura verso la Sicilia

Bruxelles, 13 gennaio 2008

L'ALTRA SICILIA, constatato il pericolo gravissimo che corre in questo momento la Sicilia, con l'arrivo della quantità più impottante dei rifiuti provenienti dalla Campania destinati alla solidarietà delle varie regioni, si oppone al connubbio PRODI/CUFFARO

Domani 14 gennaio alle ore 9, Francesco Paolo Catania, consigliere del Com.it.es (Comitato degli Italiani all'estero) per la circoscrizione Bruxelles-Brabante-Fiandre, eletto nella lista L'ALTRA SICILIA, nonché presidente dello stesso movimento, occuperà, simbolicamente la sede consolare italiana di Bruxelles insieme ad un gruppo di simpatizzanti in segno di protesta contro l'arrivo dei rifiuti campani in Sicilia.

"Non capiamo cosa c'entri la Sicilia in tutto questo" sostiene Catania, "ci sono prove inconfutabili di come in Campania non ci sia posto per la spazzatura perchè le industrie del nord hanno occupato tutto lo spazio con i loro rifiuti tossici. Siano loro solidali".

"La verità purtroppo" continua Catania, "è che ancora una volta i politicanti siciliani riescono a dare il peggio di se stessi. La connessione tra l'arrivo dei rifiuti in Sicilia ed il via libera del governo allo scellerato piano dei rifiuti di Cuffaro è sin troppo ovvia. L'ennesima truffa ai danni del Popolo Siciliano si sta consumando e noi Siciliani della Diaspora non abbiamo intenzione di stare a guardare".

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domenica 13 gennaio 2008

Cartoline da Palermo

Ai nostalgici di una Sicilia che non c'è più segnalo le cartoline da Palermo della collezione di Giuseppe Romano. E' incredibile come la nostra Capitale, e la Sicilia tutta, fosse molto meglio amministrata nel passato. Guardando queste cartoline balza subito all'occhio come le strade fossero perfette, squadrate, pulite, senza "fosse", con la segnaletica al posto giusto. Queste cartoline testimoniano di una civiltà che non c'è più, ma che forse possiamo ancora ritrovare. Buona visione.

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GB: Camera, mozione numero 666 per separazione fra Chiesa e Stato

Londra, 11 gen. (Ap) - Che alla Camera dei Comuni britannici venga presentata una mozione per la piena separazione fra Chiesa e Stato è un fatto abituale: curioso invece che l'ultima proposta in tal senso porti il biblico 666, il Numero della Bestia nel Libro dell'Apocalisse.

E' incredibile che una mozione come questa abbia casualmente questo numero, sembra che Dio o il diavolo vi abbiano messo lo zampino", ha commentato il parlamentare liberal-democratico Bob Russel.

Il testo della mozione chiede semplicemente il "disestablishment" della Chiesa d'Inghilterra, ovvero la fine dello status della comunione anglicana come chiesa ufficiale del Regno; una chiesa di cui il sovrano fa parte per legge e ne è il Governatore Supremo e capo nominale, sebbene la guida spirituale effettiva sia affidata all'Arcivescovo di Canterbury.

Tali mozioni vengono presentate soprattutto per motivi di visibilità o per portare all'attenzione dell'opinione pubblica determinate questioni e non vengono quasi mai discusse: fino ad ora il documento ha avuto tre firmatari.

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sabato 12 gennaio 2008

In memoria di Piersanti Mattarella

Ci sono eroi di serie A ed eroi di serie B. Solo il Fronte Nazionale Siciliano sembra essersi ricordato di Piersanti Mattarella nell'anniversario del suo assassinio. La cosa mi lascia personalmente sgomento. Non capisco come mai quasi nessuno si ricordi di questo nostro eroe, che ha tutto il diritto di essere ricordato insieme ai padri della nostra piccola Patria. Forse perché era democristiano? Forse perché l'anticattolicesimo è l'ultimo pregiudizio accettabile? Fatto sta che, al di là delle mie personali convinzioni, fra tutte le forze sedicenti sicilianiste, solo il F.N.S. ha sentito ufficialmente il bisogno di commemorare questo nostro eroe.

Il comunicato stampa datato 5 gennaio 2008 del F.N.S. mi ridà per un attimo la speranza che la Nazione Siciliana esista. Che esista gente capace di guardare al di là del proprio orticello ideologico per comprendere nel suo sguardo tutta la nazione. Per comprendere nel senso più etimologico del termine, ovverosia di "prender con", superando barriere e pregiudizi.

Di questa pietas e di questo amor di patria è fatta la Nazione che amo!

Come Siciliano, dico grazie a Piersanti Mattarella per avere sacrificato la sua vita per la libertà dei Siciliani, e in anni ben peggiori di quelli che viviamo. E dico grazie al Fronte Nazionale Siciliano per aver saputo tenere vive - fin dal 1964, con moderazione e determinazione, e sfindando il conformismo dominante - le speranze di indipendenza del Popolo Siciliano.

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mercoledì 9 gennaio 2008

La rivincita di Dio

Lo sforzo ciclopico di estinguere nell’uomo il naturale bisogno di Dio, che ha caratterizzato gli ultimi due secoli, è, con tutta evidenza, miseramente fallito. Il paradigma della modernità non ha sconfitto il Cristianesimo, ma viene anzi da esso messo in questione. Il fenomeno è tanto più macroscopico in quanto nasce dal basso e si contrappone alle tendenze dominanti dell’establishment politico e mediatico....

di Roberto de Mattei


Lo scorso 26 ottobre, sul “Corriere della Sera”, Sergio Romano ha dedicato un editoriale al carisma e alla popolarità di Benedetto XVI, attestata dal crescente afflusso di pellegrini a San Pietro, in numero ancora maggiore di quanto ne registrava Giovanni Paolo II.

L’articolo di Romano si conclude con un invito ai “laici” a «difendere i loro valori (…) con altrettanto zelo e altrettanto vigore» del nuovo Pontefice.

Un altro noto organo di informazione internazionale, il settimanale “The Economist”, ha pubblicato, nel mese di novembre, un dossier di venti pagine, intitolato In God’s name, in cui, con malcelata inquietudine, si analizza il peso e il ruolo che la religione sta sempre più assumendo nelle vicende politiche e sociali del XXI secolo. Come il “Corriere della Sera”, anche “The Economist”, nel revival religioso mondiale, accosta al Cristianesimo altre religioni, a cominciare dall’islamismo. Dio è tornato. Indagine sulla rivincita delle religioni in Occidente era il titolo di un libro di Rodney Stark e Massimo Introvigne, apparso nel 2003, in cui, suffragandolo con dati statistici e sociologici, si descriveva la nascita di un “mercato religioso” sempre più ricco e variegato. Lo sforzo ciclopico di estinguere nell’uomo il naturale bisogno di Dio, che ha caratterizzato gli ultimi due secoli, è, con tutta evidenza, miseramente fallito. Il paradigma della modernità non ha sconfitto il Cristianesimo, ma viene anzi da esso messo in questione.

Il fenomeno è tanto più macroscopico in quanto nasce dal basso e si contrappone alle tendenze dominanti dell’establishment politico e mediatico. L’appello di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI all’inserimento delle radici cristiane nel Trattato europeo, ha avuto nel mondo politico italiano una flebile eco e, in Europa, ha trovato più oppositori che sostenitori. Ancora peggiore è la situazione nel mondo della cultura e della comunicazione.

Basta sintonizzarsi con qualsiasi emittente televisiva, per essere investiti da messaggi grondanti un radicale relativismo morale.

Nelle maggiori librerie nessun libro di apologetica è esposto negli scaffali; proliferano invece i trattati di “ateologia” e i volumi di scherno od offesa al Cristianesimo.

Eppure l’esigenza naturale di sacro erompe, soprattutto tra i giovani, anche quando essi la vivono in maniera contraddittoria. I volumi anticristiani diffusi dalle librerie Feltrinelli e gli attacchi del “Corriere della Sera” a Padre Pio o a Pio XII rimangono discussioni riservate a polverosi club intellettuali, senza alcuna presa sull’uomo comune. Il libro di Benedetto XVI Gesù di Nazareth (Rizzoli 2007), ha avuto invece un formidabile successo.

Non è mancato chi ha storto il naso affermando che il Papa non dovrebbe esprimersi in libri personali, ma solo attraverso atti ufficiali di Magistero. Il Papa, però, si affida alla carta stampata proprio per allargare la sua udienza al di là dei lettori abituali dell’“Osservatore Romano” e, non a caso, un vecchio professore criptomodernista come Giovanni Miccoli lo attacca proprio su questo punto: il fatto che il Papa affermi che il suo recente libro «non è in alcun modo un atto magisteriale», per cui «ognuno è libero di contraddirmi» significa – osserva allarmato Miccoli – che egli rivendica il diritto di promulgare in altra sede atti magisteriali che non possono essere contraddetti dai fedeli.

In difesa della fede è l’equivoco titolo del libro di Miccoli, di cui sconsigliamo la lettura. Consigliamo invece di leggere In nome di Dio (Rizzoli 2007), un bel libro dello storico inglese Michael Burleigh, recensito in questo numero di Radici Cristiane.

La rivincita di Dio è comunque un fatto innegabile. Il pericolo è che la richiesta religiosa dell’uomo contemporaneo sia soddisfatta da naturaforme di falsa religiosità. Il fenomeno della “New Age” rientra nelle false risposte ad un’autentica domanda.

Ma lo stesso islamismo può essere considerato una pericolosa tentazione. A differenza del Cristianesimo, che esige per la conversione una seria trasformazione della propria vita, l’Islam si limita a imporre ai propri adepti prescrizioni rituali, spesso ipocritamente praticate, senza chiedere un profondo mutamento interiore. Ciò può attirare molti giovani dei nostri tempi (uomini più che donne), insoddisfatti del materialismo, ma non disposti a rinunciare a uno stile di vita edonista e libertario. Il pericolo di un certo ecumenismo è proprio questo: enfatizzando i presunti punti di accordo delle diverse religioni, piuttosto che le loro differenze qualitative, incoraggia di fatto la scelta della via più facile, che non sempre è quella più vera.

Infine, e per concludere. Un approccio di tipo puramente sociologico alla religione è riduttivo e, malgrado la pretesa scientificità dell’osservatore, non dà conto del fenomeno studiato. Il Cristianesimo non è un insieme di dogmi, di riti, di comportamenti. Non è un particolare modo di pregare o di rapportarsi col prossimo. Non è una religione sullo stesso piano
delle altre.

Il Cristianesimo è l’unica religione vera, fondata da Gesù Cristo, Figlio di Dio, seconda Persona della Santissima Trinità, Grazia incarnata. Il ritorno di Dio può essere spiegato solo considerando il ruolo della Grazia, che eleva l’uomo dalla condizione naturaforme le a quella soprannaturale. I monaci buddisti che manifestano a Rangoon, non possono essere messi allo stesso livello dei monaci cattolici, la cui vocazione è stata ben documentata dal film di Philip Gröning Il Grande Silenzio (2005). L’abisso che li separa è, appunto, la vita della Grazia.

Nessun’altra chiesa o religione, al di fuori di quella cattolica, conserva e trasmette la Grazia soprannaturale, di cui Gesù Cristo è la fonte. Gli sforzi dei laicisti di scimmiottare i carismi della Chiesa, per replicarne i successi, ricordano la sciagurata sfida di Simon Mago a san Pietro e ai primi Apostoli: sono tentativi destinati ad infrangersi contro la realtà della storia, di cui la Divina Provvidenza è unica infallibile guida.

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