giovedì 29 maggio 2008

Ecco come verrà distrutta la Nostra Terra

L'Altra Sicilia ci fa sapere come il regime tosco-padano intende mettere in atto ciò che non è riuscito a Prodi. Con la faccia di Berlusconi e del suoi padanissimi ministri, questa volta sono riusciti a legalizzare uno degli affari più sporchi della storia repubblicana, con il benestare - ovviamente - di quei PORCI esponenti politici siciliani e meridionali che hanno venduto il culo al colonizzatore e fanno finta di non vedere quale immane catastrofe ci aspetta. E' ora che si dia vita a un Nuovo Vespro. Vi dicono niente queste parole? Dobbiamo diffondere queste notizie con tutte le nostre forze e sensibilizzare più compatrioti possibili, procedendo tutti uniti e senza stupide divisioni ideologiche. E, se possibile, mettendo da parte temporaneamente - e nel nome di una causa giusta - ciò che ci divide come Siciliani dagli altri Meridionali.

Inoltre, mi sembra questa l'occasione per lanciare un appello a tutti i blogger Siciliani - degni di questo nome - ad aprirsi a tutti gli altri per fare sistema. Trovo infatti estremamente stupido non linkare altri siti perché magari le loro opinioni sono discordi dalle nostre. Io credo che sia arrivato il momento di mettere da parte inutili egoismi e settarismi per cominciare a muoverci come Popolo. Se non ci riusciamo noi che ci sentiamo "consapevoli" come credete che il Popolo ci seguirà?

Da qualche giorno ho aggiunto una barra al mio blog da cui in tempo reale è possibile leggere gli aggiornamenti dai blog Siciliani più caldi. Avrei il piacere di aggiungere altri blog se questi utilizzassero la tecnologia RSS o similia. Chiunque volesse sapere come si fa ad attivare i feed RSS può tranquillamente contattarmi e sarò ben lieto di fornirgli le informazioni necessarie.

Intanto leggete e diffondete più che potete il pezzo a seguire pubblicato da L'Altra Sicilia.


Le prime sconcertanti verità sul decreto rifiuti del 24 Maggio 2008


A qualcuno serve necessariamente aprire nuove discariche per continuare a nascondere di tutto.

Questa tensione, questa crisi, è stata studiata a tavolino per creare con la forza discariche e inceneritori non solo per il grande business dell'incenerimento, ma anche e soprattutto per far sparire o bruciare qualcosa di veramente grosso. Il business dei rifiuti tossici è IL BUSINESS per eccellenza e la Campania è da decenni meta privilegiata di rifiuti tossici di ogni genere sversati nei campi, sui rifiuti urbani in strada poi dati alle fiamme, nelle cave e nelle discariche poi legalizzate dallo Stato.

Mentre la crisi, che si acuisce ad arte, continua, la produzione e lo stoccaggio di scorie terrificanti procede, e il loro smaltimento diventa sempre più pressante ed improrogabile.

L'unica via di fuga, l'unico mezzo possibile era quello di scavare altre buche col pretesto di ripulire la Campania dai rifiuti tal quale e costuire inceneritori per bruciare le ecoballe (che nessuno vuole perchè zeppe di rifiuti cancerogeni) ed i rifiuti via via prodotti una volta esaurite le discariche.
La realtà invece supera la fantasia ed il Comitato Allarme Rifiuti Tossici rende noto... quello che il testo del decreto, a prima vista un'accozzaglia di articoli di legge e codici incomprensibili, afferma in maniera sconcertante.

Gli artt 8 e 9 sono quelli della verità, sono quelli dove va ricercata la motivazione di tutto.

Sia i termovalorizzatori e sia le discariche devono nascere con lo scopo ben preciso di bruciare o interrare (in discariche su cui non viene effettuata alcuna VIA) anche rifiuti pericolosi o non meglio specificati. Le stesse ceneri tossiche, prodotte dalla combustione dei futuri inceneritori, che andrebbero conferite in discariche speciali, si prevede vengano sversate nei 10 siti stabiliti dal decreto: tutti dicono che l'inceneritore non fa male, nessuno che le ceneri prodotte sono vere e proprie bombe ecologiche.

I comma 2 dell'art 8 e 9 sono di portata criminale e per questo sono scritti in un modo scarsamente comprensibile. L'urgenza di aprire nuove discariche appare così una scusa con cui poter aggirare normative nazionali ed europee in tema di smaltimento rifiuti. Ancora una volta sorge il dubbio che la crisi campana sia stata studiata a tavolino per avviare, con la scusa dell'emergenza, discariche ed inceneritori, col pericolo di affossare eventuali procedimenti in corso (si veda la vicenda Lo Uttaro) e far sparire dietro 2 commi di un decreto un po' di disastri ambientali pregressi.
Il business dei rifiuti tossici è il business per eccellenza, più del petrolio e del tabacco. Questi rifiuti pericolosi vengono prodotti tutti i giorni in ogni parte del mondo e in quantità mostruose: del loro smaltimento è in atto una rudimentale semplificazione ai danni della salute dei cittadini campani. (Marco M. - Pressante.com)

Di seguito gli articoli incriminati:

Art. 8, comma 2: In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ed agli articoli 191 e 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e' autorizzato nella regione Campania, per un triennio rispetto al termine di cui al citato articolo 2, l'esercizio degli impianti in cui i rifiuti, aventi codice CER 19.12.10, 19.12.12, 19.05.01, 19.05.03, 20.03.01, sono scaricati e stoccati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento.

Art. 8, comma 3: E' prorogato per un triennio rispetto al termine di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, lo stoccaggio dei rifiuti aventi codice CER 19.12.10, 19.12.12, 19.05.01, 19.05.03, 20.03.01, in attesa di smaltimento, nonche' il deposito dei rifiuti stessi presso qualsiasi area di deposito temporaneo.

Art. 9, comma 2: Gli impianti di cui al comma 1 sono autorizzati allo smaltimento dei rifiuti contraddistinti dai seguenti codici CER: 19.12.12; 19.05.01; 19.05.03; 20.03.01; 19.01.12; 19.01.14; 19.02.06; presso i suddetti impianti e' inoltre autorizzato lo smaltimento dei rifiuti contraddistinti dai seguenti codici CER: 19.01.11*; 19.01.13*; 19.02.05*, nonche' 19.12.11* per il solo parametro «idrocarburi totali», provenienti dagli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti urbani, alla stregua delle previsioni derogatorie di cui all'articolo 18.

Come si legge, gli impianti individuati dal decreto sono autorizzati allo smaltimento dei rifiuti contraddistinti dai seguenti codici CER:

19.12.12: altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19.12.11 (che sarebbe altri rifiuti. compresi i materiali misti, prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose) [cmq previste sotto]

19.05.01: parte di rifiuti urbani e simili non compostata

19.05.03: compost fuori specifica

20.03.01: rifiuti dei mercati

19.01.12: ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce 19.01.11 (ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose) [cmq previste sotto]

19.01.14: ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19.01.13 (ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose) [cmq previste sotto]

19.02.06: fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, diversi da quelli di cui alla voce 19.02.05 (fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici contenenti sostanze pericolose) [comunque previsti sotto]

ed ancora:

19.01.11*: ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose (tipicamente ceneri prodotte dagli inceneritori)
19.01.13*: ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose (tipicamente ceneri prodotte dagli inceneritori, sono considerate pericolose e vengono solitamente smaltite in discariche speciali)
19.02.05*: fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici contenenti sostanze pericolose
19.12.11*: altri rifiuti (compresi i materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose

Il testo del decreto rifiuti in vigore da oggi (24 maggio 2008)

26 maggio 2008
Comitato Allarme Rifiuti Tossici


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martedì 27 maggio 2008

Il ritorno dei russi

Il sito del Comitato delle Due Sicilie ci aiuta a far luce sulle manovre geopolitiche che hanno come oggetto la Sicilia e il Meridione d'Italia, evidenziando il trait d'union tra la situazione attuale e quella di metà ottocento.



Il ritorno dei russi, come ai vecchi tempi

Sembra passata un'eternità da quando lo Zar Russo Nicola I, dopo una visita allo stabilimento ferroviario di Pietrarsa a Napoli, rimase talmente stupefatto che ne volle fare costruire uno identico a Kronstadt [1]. Per ricambiare Nicola I donò a Ferdinando II i famosi Cavalli di Ferro che sono attualmente situati davanti al cancello dei giardini di palazzo reale e sono identici a quelli presenti a S. Pietroburgo, sul Ponte della Neva.

Anche in Sicilia, lo Zar non mancava mai di farsi vedere, celebre il viaggio alla fine del 1845, per accompagnare la consorte Aleksandra Fedorovna di Prussia, il cui medico aveva prescritto una "cura" a base di sole e di mare.

La coppia imperiale sbarcò a Palermo il 23 ottobre dal piroscafo "Kamcatka", trattenendosi tra la Sicilia e Napoli per oltre un mese. I coniugi reali erano soliti trascorrere i periodi di riposo all' "Olivuzza", località in cui possedeva una villa Varvara Šachovskaja, vedova di George Wilding, il quale le aveva lasciato in eredità la casa appartenuta alla prima moglie Caterina Branciforti di Butera. Le cronache dell'epoca raccontano come i nobili palermitani più in vista, facessero a gara per invitare gli Zar a visitare le proprie dimore. Non era raro che principi e baroni finissero al banco dei pegni e spendessero dei veri e propri capitali in sontuosissime cerimonie.

Ma i rapporti tra il regno borbonico e l'impero russo spaziavano anche nel campo dell'arte, come dimostra la testimonianza di una giovane pittrice russa, Irina Fedorova, che sembra aver centrato in pieno il problema:

Sarò banale se vi dico che moli italiani criticano l’Italia del Sud. Certi individui vorrebbero addirittura trasferire la capitale a Milano. Perché Roma per loro non è abbastanza “nordica”. Invece noi, russi, siamo infinitamente grati proprio al Meridione. Volete sapere perché? Perché a partire dal XVIII secolo l’Italia, e specialmente il Regno delle Due Sicilie, sono diventate la culla dei migliori talenti russi: pittori, scrittori, compositori, critici letterari. Il famoso scrittore russo Nikolaj Gogol, l’autore del “Le anime morte”, “Taras Bulba” e numerosi racconti satirici, ha passato molto tempo in Italia. Il meridione italiano affascinava sopratutto i pittori russi. Silvester Scedrin è arrivato nel Regno delle Due Sicilie nell’età di 27 anni ( nel 1818) per fare un corso triennale di pittura. Però il destino gli ha preparato un’altra sorte. E’ rimasto per tutta la vita in Italia ed ha immortalato nelle sue opere l’acqua color smeraldo del mar Tirreno ed il sole splendente del sud. Il pittore ha vissuto in Campania per il resto dei suoi giorni. Nei quadri di Scedrin si vede sempre la gente semplice, vera: i pescatori, i mercanti, le contadine, i mendicanti. I lavori dell’artista sono così vivi e caratteristici che il fratello dello zar russo, Mihail Pavlovic, gli commissiona i quadri sulla tematica napoletana. Tutti conoscono la canzone napoletana “O sole mio”. Però pochi sanno che proprio questa canzone è stata scritta in Italia dai musicisti di corte di un mecenate russo, il conte Polenov. E la sua prima interpretazione è avvenuta in Russia, a San Pietroburgo.


Silvester Scedrin. “Lungomare Mergellina a Napoli” - 1827.


Il ritorno della Russia

Da qualche tempo a questa parte sembra che la vecchia "partnership" Due Sicilie-Russia, si stia rinverdendo. Dal 13 giugno un volo diretto per Mosca [2] sarà inaugurato dall'aeroporto calabrese di Lamezia Terme, con frequenza settimanale. Il volo viene operato dalla compagnia ''Gazprom Avia'' che utilizza i propri Boeing 737 da 140 posti (classe business ed economy) e collabora con MC Travel, uno dei maggiori tour operators russi.

Come è noto la GAZPROM AVIA, è la compagnia aerea del gigante energetico russo, la società che sta puntando sulle regioni meridionali per la costituzione dell'ormai noto "HUB DEL GAS DEL SUD ITALIA".

Probabilmente i russi vogliono aprire più canali possibili con le Due Sicilie, ma non è solo il gas l'obiettivo dei russi, il fatto che i tour operator russi siano intenzionati a spostare qui le loro rotte ce lo confermano anche i dati statistici [3] sul turismo della città di Taormina, infatti sembra che nel 2007 i turisti provenienti dalla Ex Urss, abbiano superato i giapponesi per quantità di denaro spesa nella città taurina.

Ma il primo ad aver creduto nelle potenzialità del mercato russo è stato proprio un siciliano: Antonino Pulvirenti, presidente della compagnia aerea WINDJET, che offre ben 3 destinazioni russe dalla Sicilia: Mosca, S.Pietroburgo e Samara [4].

E per finire in bellezza, i russi ci stanno provando anche con il calcio, chi si ricorda della proposta che il presidente di Gazprom inviò ai Matarrese per l'acquisto del Bari Calcio? D'altronde San Nicola, le cui sacre reliquie si trovano a Bari, è anche il Patrono di tutte le Russie..


[1] Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa
[2] Agenzia Ansa, 02/05/2008
[3] La Repubblica, 19/05/2008
[4] Fonte Windjet


Il Comitato, 23 maggio 2008


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lunedì 26 maggio 2008

Spazzatura d'occidente

Riporto dal blog Il Consiglio un'ottima analisi dell'Abate Vella sull'affaire monnezza. Pieno di spunti e di elementi di riflessione, l'articolo lascia intravedere quali e quanto potenti siano le forze mafiose che si nascondono dietro l'emergenza campana: dalle fabbrichette venete ai "moralisti" tedeschi, gli interessi in campo rivelano i piani dell'industria occidentale per trasformare la Sicilia e il Sud nell'immondezzaio d'Europa e ricavarne così l'oro che consentirà al nuovo Impero d'Occidente di fronteggiare l'avanzata cinese.

dell'Abate Vella


Il 13 marzo 2007 Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, fu ascoltato dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.

Il testo dell'audizione (reperibile in rete) offre uno spaccato preciso dell'argomento. Vediamo di inserirlo nel contesto della attuale situazione di crisi del napoletano.

Una prima sintesi del fenomeno si trova alla pagina 5:

«Osservando, però, l’evoluzione di questo mercato, abbiamo notato che, accanto agli esponenti delle famiglie mafiose, il mondo dei rifiuti si è andato popolando sempre più di una varietà di soggetti che, nella gran parte dei casi, non ha un precedente criminale, ma si collega con i criminali.

L’impressione generale suggerisce che il grosso affare dell’emergenza rifiuti non sia semplicemente il frutto di un'attività criminale occasionale, ma sia legato a un preciso orientamento di alcuni settori del mondo produttivo, sia locale che nazionale, desiderosi – com’è logico per qualsiasi impresa – di ridurre i costi attraverso una costante violazione delle regole del gioco e, di conseguenza, di aumentare i propri profitti.»

L'emergenza rifiuti è da considerarsi un affare in sé. Non è da vedersi solo nell'ottica della conseguenza di determinati traffici che hanno colmato le discariche (abusive o legali) della Campania. Questo “affare” dell'emergenza rifiuti poi non è gestito esclusivamente dalla criminalità organizzata, ma in modo sempre più invasivo anche da soggetti esterni a questo mondo.

A questa dichiarazione però sembra non essere dato seguito nel corso dell'audizione. Poi poco più sotto Grasso dice qualcos'altro che merita attenzione:

«Un breve accenno va fatto ai termovalorizzatori (...). La questione dei termovalorizzatori è molto dibattuta. In merito, ci sono molte pressioni da parte di Legambiente che non considera la soluzione scelta la migliore che si potesse adottare, soprattutto – e questo forse è il punto – senza prevedere una selezione dei rifiuti a monte e un riciclaggio degli stessi. In quest’ottica, il termovalorizzatore dovrebbe essere usato solo per il residuo. Si tratta, comunque, di scelte discrezionali su cui non possiamo intervenire, dovendo limitarci ad accertare se si verificano reati nel momento in cui si pongono in essere queste soluzioni.»

La dice in modo che sembrerebbe casuale e ribadendo che queste sono scelte discrezionali, sulle quali non si può intervenire giuridicamente. Eppure se la esprime in questi termini legandola alla raccolta differenziata (ed aggiungendo un rafforzativo “e questo è forse il punto”) vuol dire che la considera parte integrante del discorso. Una divagazione che avrebbe dovuto suscitare curiosità nella commissione. E forse Grasso divaga sperando di suscitare quella curiosità. Ma il discorso cade, e nessuno della commissione crede di dovere approfondire.

Ma mentre a Napoli esplode la protesta dei cittadini, spunta fuori una notizia che potrebbe spiegare il motivo di “quel breve accenno su scelte su cui non possiamo intervenire”. La magistratura di Terni sequestra l'inceneritore cittadino. Motivo? Pare che lì si bruciassero rifiuti tossici:

«La magistratura tuttavia vuole verificare se tra i rifiuti inceneriti possano essere capitate sostanze nocive o [addirittura, ndr] radioattive»

A questo punto la volontà di costruire inceneritori che brucino tutto senza selezione dei rifiuti a monte (come ad esempio si vorrebbe fare in Sicilia...) diventa ancora più sospetta.

Nascondere i rifiuti tossici in una discarica in mezzo a rifiuti normali non vuol dire farli sparire. Sono sempre lì. Sarebbe semplicissimo analizzarli e risalire all'origine di quei rifiuti. Anzi è stato già fatto. Il “seppellimento” non è più un metodo così sicuro.

Si potrebbero mandare nei paesi nel terzo mondo, come fa TUTTO l'occidente. Ma questa via, anch'essa non più tanto sicura essendo il trucco oramai svelato (e Grasso ne parla nella stessa audizione), potrebbe rivelarsi comunque più costosa dell'incenerimento quasi in loco.

Inoltre i volumi di rifiuti tossici da fare scomparire in Italia ed in Europa aumenteranno esponenzialmente nei prossimi anni. Se fino a poco tempo fà questo (insieme al traffico di clandestini da destinare al lavoro nero nelle fabbriche) era un affare per pochi imprenditori senza scrupoli con le giuste connessioni, ora a causa dell'avanzata cinese e del crollo economico occidentale è diventato la discriminante a seconda della quale un'azienda veneta (tanto per fare un esempio tra quelli riportati sempre nella stessa audizione...) potrà sopravvivere ovvero dichiarare fallimento.

Gli interessi dietro all'emergenza rifiuti e di conseguenza dietro la costruzione degli inceneritori sono così più chiari di quello che potrebbe sembrare. In mezzo ci sono non solo le grosse imprese che dovrebbero costruirli (Impregilo su tutte), ma anche l'intero sistema produttivo del nostro paese e non solo, visto che pare in Campania si siano trovati anche rifiuti provenienti dall'estero (Vedi che furbi i tedeschi? Scambiano i loro rifiuti nocivi con le nostre ecoballe, e per giunta li paghiamo per questo. Un doppio guadagno: “trasi munnizza e nesci oro”, staranno dicendosi in teutonico dialetto...).

E la criminalità organizzata locale e già pronta al salto, come deduciamo sempre dalla stessa audizione:

«Si tratta quasi sempre di imprese che in passato si occupavano di trasporto terra e che si sono riciclate nel più remunerativo settore della gestione dei rifiuti.»

Se ora la criminalità si occupa di gestione complessiva dei rifiuti, la destinazione finale di questi rifiuti non è più decisiva, anche perchè la “camorra” potrebbe arrivare ad ottenere la gestione stessa degli inceneritori. E dopo l'incenerimento niente più tracce: anche quando si dovessero registrare anomalie nelle emissioni sarebbe impossibile risalire all'origine del rifiuto tossico.

L'affare dell'emergenza rifiuti nasce da lontano: il campo le è stato preparato pazientemente.

Ed ora interpretiamo la crisi campana in base a quanto detto.

Per capire quello che sta succedendo basta notare che Bassolino è ancora al suo posto. Nessuno ne parla più sui giornali, di Bassolino. E nessuno fa caso al fatto che la soluzione proposta dal governo Berlusconi è la stessa identica di quella proposta dal governo Prodi. Quindi tutti gli interessi di cui sopra sono ancora al loro posto e di conseguenza al suo posto rimane lo stesso Bassolino, che la “crisi” ha magistralmente provocato tramite ritardi e calibratissime inefficienze.

Ed allora, visto che le proteste continuano, non ci vengano più a raccontare balle dicendo che è la camorra che soffia sul fuoco della rivolta popolare. Sarebbe come dire che lo stato sta combattendo la mafia. Per giunta tutto lo stato compatto, da destra a sinistra, e con tutte le sue istituzioni. Per la prima volta da 150 anni a questa parte. Ma chi vogliono fare fessi?

L'interesse della camorra è proprio nella costruzione degli inceneritori, e momentaneamente nella riapertura delle discariche (dove li staranno gettando i rifiuti tossici in questo periodo?) come sempre coincidente con quello di certi “poteri forti” esterni al territorio da essa controllato.

Rimane solo una cosa da capire. Forse la più importante. Vorremmo tanto credere che le rivolte del napoletano siano pura e semplice rabbia popolare. Fino alle elezioni si poteva pensare che dietro ci fossero elementi di centro-destra. Ma ora non possiamo pensarlo più. Eppure ci sembrano troppo forti e troppo bene organizzate per dire che sia il “popolo” ad autogestirsi.

E se tutti i poteri “occidentali” si sono raggruppati preoccupati dallo stesso lato (come detto, al punto da mettere da parte le sacrosante critiche a Bassolino) vuole forse dire che qualcun altro è entrato in gioco? Ma chi? Chi è che “aizza la massa”, nelle parole di Gasparri, se tutti la stanno combattendo?

La situazione campana è in qualche modo da mettere in relazione con i pesanti dissidi occorsi in questi giorni in Sicilia tra l'MPA-UDC e Berlusconi? La chiusura forzata (ed illegale) della discarica di Bellolampo vicino Palermo oltre ad essere una minaccia per Lombardo, serve anche a confermare ai diretti interessati che le due cose sono in qualche modo collegate?

Il Consiglio, 25 maggio 2008


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Notizie sessuali

Grazie alle fondazioni Rockefeller, a Soros e anche a Bill Gates con le sue donazioni milionarie alla UNFPA, le strategie per la “pianificazione famigliare” non possono che rivelarsi un successo. Con la scusa della discriminazione sessuale, la cura della salute e la pericolosa ignoranza dettata dai fondamentalismi religiosi, milioni di bambini non nascono per contraccezione e aborto.

di Maurizio Blondet


L’ONU riesce, finalmente, a far passare qualcosa ai sinistrati della Birmania, affamati, privi di tutto e minacciati dalle malattie tropicali. Per la precisione: l’UNFPA, il fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, ha ottenuto dalla giunta di far recapitare 218.400 preservativi e pillole anticoncezionali, «al fine di permettere ai sopravvissuti del ciclone di proseguire la loro pianificazione familiare».

L’UNFPA è nato per tenace volontà della famiglia Rockefeller, che nell’operazione di lobby ha speso, in quasi un secolo, qualcosa come 200 miliardi di dollari attuali.

Nel 1911 un Rockefeller creò il Bureau of Social Hygiene, avanguardia del movimento d’opinione «spontaneo» per la limitazione delle nascite, che nel 1913 passò direttamente sotto la Rockefeller Foundation, molto ampliato e fornitissimo di denaro. La sua missione proclamata era, ovviamente, «tutelare la salute della donna e diffondere l’educazione sessuale».
I Rockefeller finanziavano anche il Wilhelm Kaiser Institute tedesco, il centro dell’eugenetica «scientifica» che ebbe tanta parte nella ideologia del Terzo Reich.

Nel 1993, sul bollettino di famiglia (Rockefeller Archive Center Newsletter), un professor John B. Sharpless sottolineava come «le fondazioni e singoli filantropi siano stati importanti» per causare «il cambiamento di attitudine sulla riduzione delle nascite che avvenne, con straordinaria rapidità e quasi unanimità, negli anni '60. Tali fondazioni hanno finanziato la ricerca e sviluppo di contraccettivi, ma soprattutto costruirono la rete internazionale di esperti che ‘conformarono’ il dibattito pubblico»; i filantropi sono attivi ancor oggi.

George Soros ha fondato un suo Program of Reproductive Health and Rights, che dedica i suoi sforzi alla causa del diritto all’aborto. Bill Gates ha donato 57 milioni di dollari all’UNFPA; Ted Turner, ha versato a questo organismo un miliardo di dollari fra il 1997 e il 2007. Warren Buffett ha promesso di lasciare i suoi beni, alla sua morte, a progetti di «pianificazione familiare».

La pratica dell’eufemismo in questo campo fa ovviamente parte integrante della propaganda per «conformare» il dibattito pubblico: non si dice «aborto» ma IVG, e si dice «pianificazione familiare» per i contraccettivi o gli abortivi. Una così generosa e tenace mobilitazione non poteva non essere coronata da successo.

Gli ultimi dati del Dipartimento Sanità inglese (ma non abbiamo ragione di ritenere che la situazione sia diversa in Italia) dicono che il 33% delle donne britanniche fanno o faranno un aborto entro i 45 anni d’età. Nel 1968, primo anno della legalizzazione, gli aborti furono 22 mila; oggi sono 194 mila.

In tremila casi, l’aborto è stato praticato dopo la ventesima settimana (oltre il quinto mese), un aumento del 44% nel decennio. Oltre 60 mila donne si sono sottoposte ad «aborti ripetuti»; di queste, 17 mila erano al terzo aborto, 3.800 al quarto, 1.300 al quinto «o più». Tra questi più ci sono 65 donne che, a 30 anni, hanno già fatto sei aborti legali, e più di 50 donne che ne hanno fatti otto «o più». Si rilevano anche 82 ragazze sotto i 18 anni che hanno già abortito tre volte.

Ma questi risultati non bastano ai filantropi preoccupati della «salute della donna» e dei suoi «diritti». Come abbiamo già visto sui giornali, il parlamento britannico ha appena rigettato una proposta di abbassare il periodo dell’aborto legale a 20 settimane (cinque mesi), lasciandolo a 24 settimane. E’ il periodo più lungo nelle legislazioni abortiste: il feto è ucciso al sesto mese di gestazione.

Solo quando l’aborto sarà consentito fino al 24mo anno del feto, però, avremo raggiunto la piena e decisiva conquista della pianificazione familiare.

Non è una battuta. La Camera dei Comuni - come già probabilmente sapete - ha rigettato anche (a schiacciante maggioranza) un emendamento che vietava la fabbricazione di embrioni ibridi, uomo-animale. La formazione di tali ibridi o chimere è legale in Gran Bretagna dal 2007. Lo scopo è, naturalmente, «permettere la ricerca per debellare terribili malattie» del «nascituro», s’intende di quello che non verrà abortito.

A proposito di questo commovente e progressivo scientifico intento, monsignor Elio Sgreccia, presidente dell’Accademia pontificia per la vita, ha detto che si tratta di «una menzogna mediatica senza supporto scientifico». Ma naturalmente sbaglia.

La creazione di ibridi umano-animali apre effettivamente la strada al farmaco assoluto contro tutte le malattie genetiche del «nascituro». A questo farmaco sarà dato un nome eufemistico. Per il momento, possiamo chiamarlo il «bambino-medicina».

Genitori che hanno un figlio colpito da una malattia genetica si faranno produrre in vitro un fratellino gemello del piccolo malato, geneticamente modificato con cellule di topo, maiale, serpente o quale altra bestia sia adatta allo scopo; poi abortiranno il fratellino-medicina, e ne ricaveranno i sieri e le sostanze OGM per curare l’altro bambino. Quello che hanno voluto ed amato, che hanno atteso come «nascituro». L’altro, lasciato sviluppare fino al sesto mese e poi smembrato per estrarne i farmaci, dovrebbe essere chiamato «aborturo». Aspettiamo un nome più eufemistico.

La Camera dei Comuni ha anche legalizzato la fecondazione in vitro fra lesbiche. Ora non resta che estendere questa azione umanitaria occidentale ai birmani. Con la dovuta urgenza, visto che sono stati devastati dal ciclone.

EFFEDIEFFE, 21 maggio 2008


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giovedì 15 maggio 2008

Per la Patria!

Sessant'anni fa Re Umberto II d'Italia approvava lo Statuto della Regione Siciliana. Nasceva la prima regione italiana in ordine di tempo e nasceva sotto la monarchia, cioè prima che l'Italia diventasse una repubblica.

Non c'è forse modo migliore di festeggiare questo evento storico che studiando la nostra storia. Solo la piena consapevolezza di chi siamo e da dove veniamo potrà farci tornare a essere nuovamente liberi!

Ci aiuta in tal senso Massimo Costa de L'Altra Sicilia, di cui l'Abate Vella ha di recente riproposto l'ottimo commento al decreto di approvazione dello Statuto Autonomistico, e a firma del quale l'edizione di maggio de L'Isola, alle pagine 6-9, ha anche pubblicato una puntuale disanima dello Statuto stesso.

Sempre il quindicinale de L'Altra Sicilia riporta alla pagina 10 un testo, per altro già apparso sul blog di Meridio Siculo, tratto da "SCRITTI ERETICALI" di Salvatore Riggio Scaduto, a proposito del tradimento della nostra Autonomia.

Buona lettura.

ANTUDO!

«... Iddio le stese d'ogni intorno i mari per separarla da tutt'altra terra e difenderla dai suoi nemici...»

Antonio Canepa

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sabato 10 maggio 2008

Siamo già in dittatura

Riceviamo da L'Altra Sicilia e (molto volentieri) pubblichiamo.

Ecco un video del 12 dicembre 2007 che non è ovviamente passato (o molto poco) nei mass-media allineati.

In questo video girato al Parlamento Europeo di Strasburgo, si vedono centinaia di dimostranti rivoltarsi e chiedere un REFERENDUM per il futuro Trattato europeo di Lisbona. Si vede anche un responsabile intervenire per chiedere al proprietario della macchina fotografica di smettere di filmare e lasciare i luoghi…




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sabato 3 maggio 2008

La Sicilia e i Siciliani (secondo K. Marx)












“In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani. Quasi dal tempo in cui Polifemo passeggiava intorno all'Etna, o in cui Cerere insegnava ai siculi la coltivazione del grano, fino ai giorni nostri, la Sicilia è stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza. I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni parte del mondo, importati nell'isola per via di traffici o di guerre; e poi di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà.


Più di trenta secoli fa gli aborigeni della Sicilia opposero resistenza come meglio poterono al predominio degli armamenti e all'arte militare degli invasori cartaginesi e greci. Vennero resi tributari, ma non furono mai del tutto sottomessi né dagli uni né dagli altri. Per lungo tempo la Sicilia fu il campo di battaglia dei greci e dei cartaginesi; la sua gente fu ridotta in rovina e in parte resa schiava; le sue città, abitate da cartaginesi e greci, furono i centri da cui oppressione e schiavitù si diffusero all'interno dell'isola. Questi primi siciliani, tuttavia, non persero mai l'occasione di lottare per la libertà, o almeno di vendicarsi quanto più potevano dei loro padroni cartaginesi e di Siracusa. I romani infine sottomisero cartaginesi e siracusani, vendendone come schiavi il maggior numero possibile. Furono così venduti tutti in una volta 30.000 abitanti di Panormo, la moderna Palermo. I romani fecero lavorare la terra siciliana da innumerevoli squadre di schiavi, allo scopo di sfamare i proletari poveri della Città Eterna con il grano siciliano. In vista di ciò, non solo resero schiavi gli abitanti dell'isola, ma importarono schiavi da tutti gli altri loro domini. Le terribili crudeltà dei proconsoli, pretori, prefetti romani sono note a chiunque abbia un certo grado di familiarità con la storia di Roma, o con l'oratoria ciceroniana. In nessun altro luogo, forse, la crudeltà romana arrivò a tali orge. I cittadini poveri e i piccoli proprietari terrieri, se non erano in grado di pagare lo schiacciante tributo loro richiesto, erano senza pietà venduti come schiavi, essi stessi o i loro figli, dagli esattori delle imposte.

Ma sia sotto Dionigi di Siracusa che sotto il dominio romano, in Sicilia accaddero le più terribili insurrezioni di schiavi, nelle quali popolazione indigena e schiavi importati facevano spesso causa comune. Durante la dissoluzione dell'impero romano, la Sicilia fu assalita da vari invasori. Poi i mori se ne impadronirono per un certo periodo; ma i siciliani, soprattutto le popolazioni originarie dell'interno, resistettero sempre, con più o meno successo, e passo dopo passo mantennero o conquistarono diversi piccoli privilegi. Quando le prime luci avevano appena cominciato a diffondersi sulle tenebre medievali, i siciliani avevano già ottenuto con le armi non solo varie libertà municipali, ma anche i rudimenti di un governo costituzionale, quale allora non esisteva in nessun altro luogo. Prima di ogni altra nazione europea, i siciliani stabilirono col voto il reddito dei loro governi e dei loro sovrani. Così il suolo siciliano si è sempre dimostrato letale per gli oppressori e gli invasori, e i Vespri siciliani restarono immortalati nella storia…”

da Marx-Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XVII, pagg. 375-377


FONTE: Blog di Meridio Siculo, n. 52 - 22 aprile 2008

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giovedì 1 maggio 2008

La Sicilia basta a se stessa!

da “La Sicilia ai Siciliani” di Mario Turri (Antonio Canepa), dicembre 1942

Quello che abbiamo detto sin qui (ed altre cose moltissime potremmo aggiungere) dimostra che la Sici­lia si è trovata male sotto qualunque governo che non fosse siciliano. Si è trovata malissimo sotto il governo italiano. E si è trovata ancora peggio, peggio che mai, sotto il go­verno fascista.


Ascoltate quanto scrive, nel 1934, il professor VITO CESARE PIAZZA dell'università di Palermo, nel citato volume La Sicilia, a cura di Castelnuovo (pag. 513):

« La Sicilia è stata sempre abbandonata alle sue risorse dal governi di tutte le epoche ; i quali anzi si sono premurati a spogliarla quanto più è stato possibile. Basta percorrere la storia, non dico dei tempi passati, ma di questi ultimi due secoli, dal 1700 in poi, per averne una continua serie di esempi, sino a quelli recenti della soppressione dei beni ecclesiastici del 1860, sino all'assorbimento delle riserve auree del Banco di Sicilia, denaro appartenente al popolo siciliano ».

Ora la Sicilia non vuole più essere spogliata. Vuole, pretende, esige che le venga restituito tutto ciò che le è stato rubato dal giorno dell' unione all'Italia (tenuto conto degli interessi maturati e del valore attuale della moneta, sono circa 124 miliardi di lire). La Sicilia non può tollerare ladri che vengano a svaligiarci, né padroni che ci trattino con la frusta. Fuori!

La Sicilia è un paese ricco ; basta a sé stessa.

Già prima della passata guerra, BONALDO STRINGHER, che non era un separatista e nemmeno era sici­liano, ma era il direttore generale della Banca d'Italia, Ministro di Stato ecc. ecc, pubblicò un libro su Gli scambi con l'estero che concludeva: «Possiamo affermare che la Sicilia concorre a com­pensare lo sbilancio del Regno nei pagamenti all'estero per una somma di circa 250 milioni all'anno. E poiché lo sbilancio della Nazione si aggira sui 1.100 milioni, la Sicilia concorre a colmarlo per quasi un quarto. Se si tien conto che il territorio e la popolazione della Sici­lia sono di appena una decima parte di tutto il Regno, si vede subito quale ingente contributo essa porti nei pagamenti anzidetti ! »

Ma ormai siamo stanchi di pagare i debiti e gli sbilanci altrui. Ne siamo proprio stufi !

Vogliamo godercele noi le nostre ricchezze! Il frutto del nostro lavoro e della nostra terra non deve mai più andare a finire nelle tasche altrui! La Sicilia ai siciliani ! Vi dimostro subito, con alcune cifre, quanto è gran­de la ricchezza della Sicilia. Sono cifre prese dal Calen­dario Atlante De Agostini del 1943, che tutti possono controllare.*

La Sicilia ha prodotto, nel 1940, 11 mila quintali di noci, 16 mila quintali di ciliegie, 20 mila quintali d fi­chi secchi, 22 mila quintali di mele, 35 mila quintali di castagne, 65 mila quintali di pere, cotogne e melograni, 80 mila quintali di pesche, albicocche e susine, 120 mila quintali di nocciuole, 430 mila quintali dì mandorle! Ha prodotto 40 mila quintali di fagioli, 80 mila quintali di agli e cipolle, 100 mila quintali di piselli, 160 mila quintali di carciofi. 230 mila quintali di poponi e melloni, 340 mila quintali di cardi, finocchi e sedani, 500 mila quintali di patate, 520 mila quintali di cavoli e ca­volfiori, un milione e 700 mila quintali di pomodoro, più di tre milioni di quintali di fave! Ha prodotto 320 mila quintali di manderini, un mi­lione 800 mila quintali di arance, tre milioni di quin­tali di limoni più di cinque milioni di quintali di uva e due milioni e mezzo di ettolitri di vino!

E, per conseguenza, ha prodotto, oltre a una quantità enorme di preziose essenze di gelsomino, 10 mila chilogrammi d'essenza di manderino, 20 mila chilogram­mi d'essenza di arance amare e 150 mila chilogrammi d'essenza di arance dolci, 700 mila chilogrammi d'es­senza di limone! Ha prodotto 90 mila quintali di olio, 300 mila quin­tali di avena, 560 mila quintali di orzo, nove milioni di quintali di frumento!

Ma queste cifre non soltanto sono enormi per se stesse ; ancora più grandi ci appaiono se riflettiamo a quelle del resto d'Italia.

La sola Sicilia, infatti, produce un terzo dell'orzo che produce il resto dell'Italia. Produce metà delle mandorle che produce tutto il resto d'Italia. Produce più cavoli e cavolfiori, più fave, più nocciuole, più su­ghero, di quanto ne produca tutto il resto dell'Italia continentale. La nostra sola produzione di arance è il doppio di quella di tutto il resto d'Italia; la produzio­ne di manderini, come anche la produzione di carrube, quattro volte più grande ; la produzione di limoni, nove volte più grande.

E che cosa diventerebbero queste cifre se il governo centrale non cercasse di danneggiare e impoverire in tutti i modi la nostra produzione? I nostri prodotti agri­coli, sfruttati da noi, renderebbero tesori. Ma il governo ci ostacola in tutti i modi.

Il governo di Roma è felice quando vede fallire le nostre Casse rurali e le nostre Banche popolari, le no­stre Cooperative agricole e i nostri mulini, le nostre ton­nare e le nostre miniere di zolfo. Vi dico che è; felice. E fa del suo meglio affinché falliscano. Tiene bassi i prezzi affinchè i produttori siciliani vadano in rovina. Basti dire che la produzione di zolfo, che alla fine del secolo scorso fu di circa 500 mila tonnellate all'anno e fu di 430 mila tonnellate nel 1906, è scesa nel 1930 a 250 mila tonnellate. Sapete perché ? Perché è la Montecatlnl che compra lo zolfo: deve pagarlo poco; se no, gli azionisti del continente, CIANO, VOLPI, DONEGANI e tutti gli altri compari non potrebbero così scandalosamente arricchirsi !

Perciò la Sicilia viene mantenuta in uno stato di arretratezza industriale e commerciale che fa pietà. Ma lasciate che la Sicilia sia libera, che si governi da sé, che termini una buona volta lo sfruttamento d'oltre lo stretto, e vedrete come rifioriranno in Sicilia le industrie, i commerci, l'agricoltura, la pesca, il turismo, magnifiche risorse della nostra isola!

Non parliamo poi delle condizioni in cui ci ha ridotti la guerra. Domandiamo soltanto dove è andato a finire il ricco patrimonio zootecnico della Sicilia.

Secondo il censimento del bestiame fatto nel 1930, la Sicilia aveva: 70 mila maiali, 80 mila cavalli, 170 mila vacche, 180 mila asini, 200 mila muli, 310 mila capre e 730 mila pecore e agnelli !

Dove sono andati a finire ?

Tutto dovrete restituirci, tutto: fino all'ultima pecora, fino all'ultimo chicco di grano, fino all’ultimo soldo, tutto quello che ci avete rubato e truffato.


* Si noti che queste cifre ufficiali nono sempre molto inferiori alla realtà; non vi sono inclusi, infatti, i prodotti consumati localmente dai produttori medesimi e nemmeno i prodotti che non vendono denunziati per timore del fisco.

Meridio Siculo, n. 53 - 22 aprile 2008

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