L'intellighenzia di sinistra colpisce ancora, il suo bersaglio preferito sempre la Sicilia e i Siciliani. Fabio Cannizzaro, vicesegretario FNS e presidente di Fokus Trinakria, risponde all'ennesimo attacco razzista alla sicilianità mosso dalla solita, becera, anacronistica intellighenzia di sinistra italiana sulle pagine de La Repubblica, edizione di Palermo.
L'articolo de La Repubblica (delle banane) - trasudante razzismo e interessata ignoranza - e la risposta di Fabio Cannizzaro vengono riproposte dal blog La Questione Siciliana, di area FNS.
Condivido totalmente la risposta di Fabio Cannizzaro. Voglio solo aggiungere che sulla Vandea avrebbe potuto dire di più. L'accostamento della Sicilia alla Vandea fatto dalla pseudo-giornalista di Repubblica, per quanto mi riguarda è un vanto!
La Vandea infatti resistette valorosamente - fino al martirio di massa - a quella Rivoluzione francese di massoni-illuminati-giacobini assetati di potere che, nel nome della dea Ragione, intese constuire una Contro Chiesa, una contro civiltà opposta a mille anni di civiltà cristiana dei popoli europei.
Vorrei rendere giustizia alla storia della Vandea proponendovi un interessante brano dello scrittore cattolico Vittorio Messori. Scrive Messori (1):
"[...] nell'anno del bicentenario della Rivoluzione francese, molti cattolici - qualche vescovo non escluso - sono sembrati volersi liberare, con un silenzio imbarazzato, dei tremila preti massacrati, della folla di religiose violentate e spesso torturate sino alla morte, delle decine e decine di migliaia di contadini fatti a pezzi nelle province insorte in nome di una religione cui non volevano rinunciare.
Non ci sono solo gli orrori della Vandea, per il cui sterminio sistematico gli storici parlano di primo genocidio della storia moderna e dove i giacobini anticiparono contro quei popolani fermi nella loro fede i tentativi di « soluzione finale » dei nazisti nei riguardi degli ebrei. I massacri e le persecuzioni dei credenti si verificarono ovunque, non solo nell'Ovest: prima in Francia e poi negli altri Paesi, Italia compresa, dove la Rivoluzione giunse. Ma se la Vandea fu indomabile è anche perché era stata il teatro delle predicazioni di uno dei santi più cari a Giovanni Paolo II che, si dice, medita di proclamarlo dottore della Chiesa: Louis-Marie Grignion de Monfort.
Secondo lo schema conformistico, l'Ovest della Francia si sarebbe sollevato contro la Parigi dei giacobini spintovi dagli aristocratici e dal clero che intendevano conservare i loro privilegi. È una mistificazione che da tempo è stata smascherata ma che è ancora ripetuta nei testi scolastici, contro l'evidenza dei documenti: i quali mostrano senza possibilità di dubbio che la rivolta venne dal basso, dal popolo che, spesso, con la sua iniziativa, travolse le esitazioni del clero e dei nobili (molti di questi ultimi preferirono la via della fuga all'estero piuttosto che l'assumere le loro responsabilità). Insurrezione, dunque, popolare e - pur nelle contraddizioni e negli errori di ogni cosa umana - non « politica » e nemmeno « sociale » ma essenzialmente religiosa, contro la scristianizzazione alla quale, nella capitale, intendeva procedere una minoranza di feroci ideologi.
Delle ideologie moderne, del resto, nessuna ebbe una base davvero popolare: il marxismo non è mai riuscito a raggiungere il potere attraverso libere elezioni e, dov'era al potere, è caduto senza che nessuno muovesse un dito per difenderlo; il 25 lugliodel 1943, per porre fine al fascismo, bastarono un annuncio alla radio e un manifesto appeso alle cantonate; con la caduta di Berlino il nazismo si dissolse. Né, d'altro canto (neppur questo va dimenticato, a dispetto delle retoriche), il popolo aveva impugnato le armi in difesa del liberalismo quando Mussolini e Hitler vi avevano posto fine. Per stare alla Rivoluzione francese, il popolo accolse senza batter ciglio l'autoritarismo napoleonico che strangolò gli « immortali princìpi » dell'89.
L'insorgere delle masse in difesa del cristianesimo nell'Occidente della Francia (e, più tardi, in Italia, nel Tirolo, nella Spagna invasa da Napoleone) è dunque un unicum che sorprende gli storici. In ogni caso, è giustizia non rimuoverlo, come per troppo tempo si è fatto in nome del conformismo di benpensanti che temono di essere dalla « parte sbagliata » della storia. Oltretutto, oggi, anche i laici più onesti sono sempre meno sicuri che « sbagliata » lo fosse davvero."
Ecco, l'associazione della Sicilia alla Vandea, addirittura in senso dispregiativo, rientra perfettamente negli schemi - ormai beceri - costruiti dalle minoranze culturali europee al potere per negare la storia vera dei popoli e far comparire come "reazionari", "clericali", "arretrati" chi non si piega, chi insorge, chi non abiura alla propria identità. La Sicilia, come la Vandea, da troppo tempo è vittima di questo tipo di attacchi - che oggi definiremmo mass-mediatici - il cui unico scopo è avvilirne l'orgoglio identitario e bloccarne sul nascere ogni possibile tentativo di riscatto.
Se le armi del nostro nemico sono questi cliché che fanno leva sulla mistificazione e sulla manipolazione della storia, dobbiamo allora fare del nostro meglio per divulgare la vera storia della Sicilia e dei Siciliani. E dobbiamo non avere nessuna pietà nei confronti della mentalità conformista contemporanea che si crogiola nella sua crassa ignoranza.
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(1) Vittorio Messori, Pensare la storia, Una lettura cattolica dell'avventura umana, Sugarco Edizioni, Milano.
3 commenti:
Post interessantissimo...come al solito!
Ormai e` chiaro che per la Sicilia e i Siciliani la sola via da percorrere come popolo e nazione e` quella dell'Indipendenza!!!!!!!
Cari anonimi,
Grazie per i commenti. In questo momento storico dobbiamo cercare di fare sistema e creare una rete di contro-informazione per far conoscere ai Siciliani la loro storia "nascosta" e "negata".
Viva la Sicilia!
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