domenica 23 marzo 2008

Magdi Allam si converte al Cristianesimo

All'indomani del clamoroso battesimo, Magdi Allam scrive al direttore del suo giornale, il Corriere della Sera, per spiegare le ragioni della sua conversione.

«Approdo di un lungo cammino
Decisivo l’incontro con il Papa»

Caro Direttore, ciò che ti sto per riferire concerne una mia scelta di fede religiosa e di vita personale che non vuole in alcun modo coinvolgere il Corriere della Sera di cui mi onoro di far parte dal 2003 con la qualifica di vice-direttore ad personam. Ti scrivo pertanto da protagonista della vicenda come privato cittadino. Ieri sera mi sono convertito alla religione cristiana cattolica, rinunciando alla mia precedente fede islamica. Ha così finalmente visto la luce, per grazia divina, il frutto sano e maturo di una lunga gestazione vissuta nella sofferenza e nella gioia, tra la profonda e intima riflessione e la consapevole e manifesta esternazione. Sono particolarmente grato a Sua Santità il Papa Benedetto XVI che mi ha impartito i sacramenti dell’iniziazione cristiana, Battesimo, Cresima ed Eucarestia, nella Basilica di San Pietro nel corso della solenne celebrazione della Veglia Pasquale. E ho assunto il nome cristiano più semplice ed esplicito: «Cristiano».

Da ieri dunque mi chiamo «Magdi Cristiano Allam». Per me è il giorno più bello della vita. Acquisire il dono della fede cristiana nella ricorrenza della Risurrezione di Cristo per mano del Santo Padre è, per un credente, un privilegio ineguagliabile e un bene inestimabile. A quasi 56 anni, nel mio piccolo, è un fatto storico, eccezionale e indimenticabile, che segna una svolta radicale e definitiva rispetto al passato. Il miracolo della Risurrezione di Cristo si è riverberato sulla mia anima liberandola dalle tenebre di una predicazione dove l’odio e l’intolleranza nei confronti del «diverso», condannato acriticamente quale «nemico», primeggiano sull’amore e il rispetto del «prossimo » che è sempre e comunque «persona»; così come la mia mente si è affrancata dall’oscurantismo di un’ideologia che legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta che induce all’omicidio e al suicidio, la cieca sottomissione e la tirannia, permettendomi di aderire all’autentica religione della Verità, della Vita e della Libertà. Nella mia prima Pasqua da cristiano io non ho scoperto solo Gesù, ho scoperto per la prima volta il vero e unico Dio, che è il Dio della Fede e Ragione.

Il punto d’approdo
La mia conversione al cattolicesimo è il punto d’approdo di una graduale e profonda meditazione interiore a cui non avrei potuto sottrarmi, visto che da cinque anni sono costretto a una vita blindata, con la vigilanza fissa a casa e la scorta dei carabinieri a ogni mio spostamento, a causa delle minacce e delle condanne a morte inflittemi dagli estremisti e dai terroristi islamici, sia quelli residenti in Italia sia quelli attivi all’estero. Ho dovuto interrogarmi sull’atteggiamento di coloro che hanno pubblicamente emesso delle fatwe, dei responsi giuridici islamici, denunciandomi, io che ero musulmano, come «nemico dell’islam», «ipocrita perché è un cristiano copto che finge di essere musulmano per danneggiare l’islam», «bugiardo e diffamatore dell’islam », legittimando in tal modo la mia condanna a morte. Mi sono chiesto come fosse possibile che chi, come me, si è battuto convintamente e strenuamente per un «islam moderato », assumendosi la responsabilità di esporsi in prima persona nella denuncia dell’estremismo e del terrorismo islamico, sia finito poi per essere condannato a morte nel nome dell’islam e sulla base di una legittimazione coranica. Ho così dovuto prendere atto che, al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale.

Parallelamente la Provvidenza mi ha fatto incontrare delle persone cattoliche praticanti di buona volontà che, in virtù della loro testimonianza e della loro amicizia, sono diventate man mano un punto di riferimento sul piano della certezza della verità e della solidità dei valori. A cominciare da tanti amici di Comunione e Liberazione con in testa don Juliàn Carròn; a religiosi semplici quali don Gabriele Mangiarotti, suor Maria Gloria Riva, don Carlo Maurizi e padre Yohannis Lahzi Gaid; alla riscoperta dei salesiani grazie a don Angelo Tengattini e don Maurizio Verlezza culminata in una rinnovata amicizia con il Rettore maggiore Don Pascual Chavez Villanueva; fino all’abbraccio di alti prelati di grande umanità quali il cardinale Tarcisio Bertone, monsignor Luigi Negri, Giancarlo Vecerrica, Gino Romanazzi e, soprattutto, monsignor Rino Fisichella che mi ha personalmente seguito nel percorso spirituale di accettazione della fede cristiana. Ma indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella decisione di convertirmi è stato quello con il Papa Benedetto XVI, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel porre il legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’autentica religione e della civiltà umana, e a cui aderisco pienamente da cristiano per ispirarmi di nuova luce nel compimento della missione che Dio mi ha riservato.

La scelta e le minacce
Caro Direttore, mi hai chiesto se io non tema per la mia vita, nella consapevolezza che la conversione al cristianesimo mi procurerà certamente un’ennesima, e ben più grave, condanna a morte per apostasia. Hai perfettamente ragione. So a cosa vado incontro ma affronterò la mia sorte a testa alta, con la schiena dritta e con la solidità interiore di chi ha la certezza della propria fede. E lo sarò ancor di più dopo il gesto storico e coraggioso del Papa che, sin dal primo istante in cui è venuto a conoscenza del mio desiderio, ha subito accettato di impartirmi di persona i sacramenti d’iniziazione al cristianesimo. Sua Santità ha lanciato un messaggio esplicito e rivoluzionario a una Chiesa che finora è stata fin troppo prudente nella conversione dei musulmani, astenendosi dal fare proselitismo nei Paesi a maggioranza islamica e tacendo sulla realtà dei convertiti nei Paesi cristiani. Per paura. La paura di non poter tutelare i convertiti di fronte alla loro condanna a morte per apostasia e la paura delle rappresaglie nei confronti dei cristiani residenti nei Paesi islamici. Ebbene oggi Benedetto XVI, con la sua testimonianza, ci dice che bisogna vincere la paura e non avere alcun timore nell’affermare la verità di Gesù anche con i musulmani.

Basta con la violenza
Dal canto mio dico che è ora di porre fine all’arbitrio e alla violenza dei musulmani che non rispettano la libertà di scelta religiosa. In Italia ci sono migliaia di convertiti all’islam che vivono serenamente la loro nuova fede. Ma ci sono anche migliaia di musulmani convertiti al cristianesimo che sono costretti a celare la loro nuova fede per paura di essere assassinati dagli estremisti islamici che si annidano tra noi. Per uno di quei «casi» che evocano la mano discreta del Signore, il mio primo articolo scritto sul Corriere il 3 settembre 2003 si intitolava «Le nuove catacombe degli islamici convertiti». Era un’inchiesta su alcuni neo-cristiani che in Italia denunciavano la loro profonda solitudine spirituale ed umana, di fronte alla latitanza delle istituzioni dello Stato che non tutelano la loro sicurezza e al silenzio della stessa Chiesa. Ebbene mi auguro che dal gesto storico del Papa e dalla mia testimonianza traggano il convincimento che è arrivato il momento di uscire dalle tenebre dalle catacombe e di affermare pubblicamente la loro volontà di essere pienamente se stessi. Se non saremo in grado qui in Italia, nella culla del cattolicesimo, a casa nostra, di garantire a tutti la piena libertà religiosa, come potremmo mai essere credibili quando denunciamo la violazione di tale libertà altrove nel mondo? Prego Dio affinché questa Pasqua speciale doni la risurrezione dello spirito a tutti i fedeli in Cristo che sono stati finora soggiogati dalla paura.

Magdi Allam
23 marzo 2008


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Solidarietà a Raffaele Lombardo!

Non si può che rimanere sgomenti di fronte all'episodio di razzismo anti-meridionale e autolesionista scatenato da Michele Placido durante la trasmissione Tetris andata in onda su La7 venerdì scorso.

Il blog L'Ora del Vespro esprime la propria piena solidarietà al leader del MPA, Raffaele Lombardo, che si è trovato a dover fronteggiare accuse gravi quanto generalizzate provenienti dall'attore pugliese, il quale da anni vive a Roma ed evidentemente è ormai succube della mentalità "de sinistra" capitolina.

Placido, infatti, non ha esitato a definirsi "italiano", sottolineando a chiare lettere che non si sente neanche meridionale e che il Sud gli viene stretto! L'attore ha perfino usato frasi come: "[noi] - da meridionali - abbiamo ammazzato decine e decine di magistrati, decine e decine di poliziotti; abbiamo fatto saltare dei palazzi, abbiamo fatto saltare quartieri interi; abbiamo riempito Napoli di spazzatura...". Ma perché siano i fatti e non le nostre opinioni personali a parlare, si osservi a seguire lo spezzone di Tetris in cui Placido lancia il suo j'accuse anti-meridionale.




Il linciaggio mediatico nei confronti di Lombardo - reo di aver reagito e difeso il Sud - non ha tardato a scatenarsi in tutta la sua prevedibile virulenza. Già YouTube è piena di video. Ma attenzione, l'unico video che circola nella rete è quello in cui Lombardo risponde e - giustamente! - attacca Placido, prima in maniera più che garbata e civile - da ottimo Siciliano! - e poi, all'incalzare di Placido, in maniera sempre più forte e accorata.

Noi non ci accoderemo vigliaccamente al linciaggio mediatico contro Lombardo. Un linciaggio che conosciamo bene perché figlio della più becera caccia alle streghe messa in atto dai soliti ambienti di sinistra. Ancora una volta, infatti, si vuole mettere in cattiva luce solo quella parte del "dibattito" in cui la vittima lancia la sua accusa, nascondendo però la causa dell'accusa stessa, e cioè la provocazione razzista, anti-meridionale, da ascaro colonizzato, del carnefice Michele Placido. E siccome noi non abbiamo nulla a che fare con la feccia totalitaria e progressista che vorrebbe dominare la rete, per amore della Verità, e quindi per completezza di cronaca, riportiamo di seguito lo spezzone della trasmisione in cui Lombardo risponde a Placido, che è poi l'unico a girare nella rete in questo momento.




Pur non condividendo il programma di Raffaele Lombardo per la Sicilia, e pur essendo stati in passato molto critici con il suo movimento, ci sentiamo di difenderlo a spada tratta in quanto Siciliano e paladino dei meridionali nel momento in cui il Sud veniva attaccato in modo generalizzato e rozzo dall'ascaro Michele Placido.

Per completezza, riportiamo anche i link a due articoli che abbiamo ricevuto oggi. Il primo è un articolo pubblicato dal quotidiano la Sicilia e riportato sul sito dell'MPA:

Scontro in tv Placido-Lombardo

Il secondo è invece il punto di visto di Orazio Vasta sul suo blog A Rarika; punto di vista che noi non condividiamo, anzi rigettiamo integralmente, in quanto a favore di Placido e contro Lombardo:

IL SULTANO ALLEATO DI BOSSI...(con video)

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mercoledì 19 marzo 2008

I mostri di Odifreddi e la veglia della ragione

di Vittorio Messori


Le liste dei best seller lo confermano: è in corso, in Occidente, una campagna antireligiosa, in particolare anticristiana. Anzi, in modo privilegiato anticattolica, con una virulenza di cui, da noi, un Piergiorgio Odifreddi è un paladino esemplare.

Riesumando il termine del Terrore giacobino (“la Superstition“, con il corollario volterriano di un “Ecrasez l’Infame!“), ci esortano ad impegnarci contro i miti religiosi, per costruire una società finalmente atea, basata sulle certezze della scienza. I corifei di questa crociata all’inverso si riconoscono nelle parole che stanno sotto la celebre incisione di Goya e che spesso, tutti, ripetono : <<Il sonno della ragione genera mostri>>. Se non ci libereremo dalle leggende religiose, le fauci del drago continueranno a minacciarci.

Si può discuterne. Smettendola, però, con una mistificazione, denunciata di recente anche dalla Civiltà Cattolica. Sueño significa, in spagnolo, sia “sonno“ che “sogno“ . E proprio a quest’ultimo significato pensava (è certo) quell’antilluminista che fu Goya, colui che con la sua arte ha denunciato gli orrori concreti dei miti rivoluzionari imposti dalle baionette francesi. Dunque, la celebre frase vuol dire esattamente il contrario di quanto hanno voluto farci credere i fautori del razionalismo. I mostri, cioè, vengono non dal sonno bensì dalla veglia della ragione, quando coltiva il sogno di mondi nuovi e perfetti, quando dà veste ideologica a quelle utopie “razionali“, “scientifiche“ che, promettendoci il paradiso in terra, hanno prodotto gli inferni che hanno devastato gli ultimi due secoli.

© Corriere della Sera, 8 marzo 2008

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Gesù e Maometto, un confronto interessante

Il multiculturalismo imperante esige che si eviti di fare qualsiasi associazione tra terrorismo e fondamentalismo islamico, malgrado siano gli stessi terroristi a invocare il Corano. Abbiamo visto le assurde – e anche ridicole - conseguenze di questa censura “politicamente corretta” nella notizia pubblicata il 19 febbraio. Ora, ha ben ragione Benedetto XVI a insistere sul fatto che non è lecito uccidere in nome di Dio e che Dio non può volere la violenza, ma l’insistenza – che ha assunto il tono di una sfida alla ragione - si spiega proprio con il fatto che, in campo islamico, c’è chi teorizza il contrario. Sarebbe anche sbagliata un’equazione del tipo islam=terrorismo o islam=violenza, però allo stesso modo non si possono negare certi fenomeni inquietanti, che ripropongono la domanda sulle radici della violenza fondamentalista.

Uno spunto originale ce lo offre il lavoro di William J. Federer, uno studioso americano esperto di rapporti tra religione e società, il cui ultimo libro esamina il rapporto tra islam e Stati Uniti. In un articolo scritto per WorldDailyNet, Federer smentisce sia gli apologeti islamici che accusano anche i cristiani di aver commesso violenze nella loro storia, sia i laicisti che credono sia la religione la prima causa della violenza – dimenticando gli stermini “atei” della Rivoluzione Francese, dello stalinismo, del maoismo -. Lo fa mettendo a confronto la vita e gli insegnamenti di Gesù con la vita e gli insegnamenti di Maometto: i quattro vangeli sono la fonte usata per Gesù, mentre per Maometto usa il Corano, l’Hadith (le storie sul Profeta trasmesse oralmente e poi raccolte dal califfo Omar II nell’VIII secolo) e il Sirat Rasul Allah (La vita del Profeta di Allah), anche questo scritto nell’VIII secolo.

Il confronto tra le due figure, ben dettagliato da Federer e che potete leggere nell'articolo integrale, non necessita di alcun commento. Citiamo solo alcuni punti:

- Gesù è stato un leader religioso
- Maometto è stato un leader religioso e militare


- Gesù non ha mai ucciso nessuno
- Maometto si stima abbia ucciso 3mila persone, compresi 700 ebrei a Medina nel 627.


- Gesù non ha mai posseduto schiavi
- Maometto ne riceveva un quinto dei prigionieri catturati in battaglia, comprese le donne (Sura 8,41)


- Gesù non ha mai forzato i suoi discepoli a continuare a credere in Lui
- Maometto ha forzato i suoi discepoli a continuare a credere in lui (pena la morte)


- Gesù ha insegnato a perdonare le offese ricevute
- Maometto ha insegnato a vendicare le offese contro l’onore, la famiglia o la religione


- Gesù non ha mai torturato nessuno
- Maometto ha torturato il capo di una tribù ebrea


- Gesù non ha vendicato la violenza contro di lui, affermando addirittura “Padre, perdona loro” (Lc 23,24)
- Maometto ha vendicato le violenze contro di lui ordinando la morte dei suoi nemici

- Per cristiani ed ebrei martire è colui che muore per la propria fede
- Per l’islam martire è chi muore per la propria fede mentre combatte (e uccide) gli infedeli


- Nessuno dei discepoli di Gesù ha mai guidato eserciti
- Tutti i califfi discepoli di Maometto sono stati anche generali


- Nei primi 300 anni di cristianesimo ci sono state 10 importanti persecuzioni contro i cristiani (senza che ci fossero resistenze armate)
- Nei primi 300 anni di islam, gli eserciti islamici hanno conquistato Arabia, Persia, la Terra Santa, Nord Africa, Africa centrale, Spagna, Francia meridionale e vaste aree di Asia minore e Asia

il TIMONE, 18 marzo 2008

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lunedì 17 marzo 2008

Un nuovo impero alle porte?

di Meridio Siculo


Credete che i poteri forti legati alle oligarchie finanziarie anglo-olandesi abbiano mantenuto, dal XVII secolo in poi, lo stesso grado di influenza sulle vicende delle nazioni moderne ?

Ebbene, se pensate questo siete in errore!

Il potere esercitato da quelle lobby è, in realtà, cresciuto in maniera esponenziale, in ragione soprattutto dell’immensa ricchezza derivante dalla truffa del signoraggio bancario e dal controllo monetario, ed ha raggiunto dimensioni globali inimmaginabili.

Fine ultimo di tale sconfinato potere è il dominio mondiale attraverso l’unificazione dei mercati, delle monete, dei sistemi bancari, degli eserciti e di tutte quelle funzioni che sono state sin’ora prerogative degli stati nazionali.

Attraverso un vero e proprio piano strategico politico-finanziario, del quale pochi hanno piena consapevolezza, si vuole arrivare allo svuotamento economico degli stati nazionali e quindi all’indebolimento delle loro sovranità, per riunire tutti sotto un unico dominio, di marca totalitaria e di matrice massonico-bancaria.

Non è un caso, infatti, che la politica monetaria della FED, la banca centrale americana, si sia orientata negli ultimi decenni verso un’espansione smisurata della quantità di moneta stampata e messa in circolazione, o meglio prestata, che, se da un lato ha indotto nel popolo americano l’illusione di poter vivere di rendita grazie anche all’indispensabilità del dollaro in tutte le transazioni internazionali, dall’altro ha provocato un’inflazione terrificante, aggravata dal forte indebolimento del sistema produttivo americano, che rischia di far evaporare il valore della divisa americana e di conseguenza il valore delle enormi riserve che di essa hanno fatto moltissimi paesi del mondo.

Se si considera anche l’enorme quantità di mutui concessi a chi non dava alcuna garanzia, che ha scatenato la famosa crisi “subprime” con l’azzeramento del valore dei titoli correlati, di cui, nel frattempo, si erano riempite le pance le più importanti banche del mondo; se si considera la spaventosa bolla creata dalla finanza speculativa internazionale che non ha più alcun legame coll’economia fisica mondiale e che attende di essere “pagata”; se si considera, infine, l’esplosione del debito pubblico americano e le limitazioni imposte da Maastricht sugli interventi pubblici dei paesi europei, che di fatto impediscono l’attuazione di politiche sociali degne di questo nome e investimenti infrastrutturali necessari al rilancio economico, allora si capisce l’effettiva volontà di chi sta dietro a tutto questo.

Che, poi, l’euro sia nato prima dell’unità politica europea e che il trattato di Maastricht sia servito, in realtà, a mettere il cappio alla già limitata sovranità monetaria dei paesi europei che consentiva ancora, entro certi limiti, la gestione del “debito pubblico”, in funzione delle esigenze nazionali, non fa che confermare le nostre teorie. Con la creazione della BCE le nazioni europee sono state, infatti, messe al muro e costrette a sottostare ad una moneta e ad una banca straniera che può intervenire quando e come vuole sui tassi d’interesse e sulla quantità di moneta emessa, in modo totalmente indipendente dai bisogni delle popolazioni.

E non è nemmeno un caso che la tanto decantata globalizzazione, voluta esclusivamente dalle grandi oligarchie finanziarie, con la caduta di tutte le barriere doganali, abbia consentito ai grandi monopoli ad esse collegati, di fare il bello e il cattivo tempo nei mercati di tutto il mondo, provocando fallimenti e delocalizzazioni di imprese e capitali da occidente verso oriente dove i costi minimi di produzione e le immense masse lavoratrici senza diritti garantiscono elevatissimi profitti.

E non è, infine, un caso che molti dei cosiddetti “paesi poveri”, siano stati volutamente impiccati ai debiti dovuti al FMI e alla Banca Mondiale per poi essere costretti a svendere le loro materie prime ai “compari” dei soliti potentati.

Ebbene, chiudendo il cerchio ci si accorge alla fine che mentre da un lato l’occidente si appresta a trasferire altrove il proprio apparato produttivo e finanziario, dall’altro si prepara nel mondo uno scenario in cui il crollo del dollaro, l’esplosione della bolla speculativa, l’azzeramento dei titoli subprime, l’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio e l’assoggettamento al dispotismo dell’euro potrebbero provocare un tale cataclisma economico da indurci alla resa incondizionata ed alla consegna nelle mani dei poteri globali.

La “globalizzazione”, le “liberalizzazioni” e le “privatizzazioni”, presentate come la panacea per tutti i mali del mondo, si sono rivelate, in realtà, nient’altro che una maschera dietro cui si nasconde una volontà imperiale, risorta dagli abissi del tempo, che punta a travolgere le sovranità garantite dalle costituzioni nazionali per instaurare un sistema unico totalitario in cui chi comanda non è più il popolo, ma una ristretta cerchia di ricchissimi privati, padroni di tutta la moneta, di tutte le materie prime e di tutti i sistemi di produzione e distribuzione.


L’impero contro gli stati nazionali

Tommaso Padoa Schioppa, l’inventore dell’euro, che nel suo ultimo libro “Europa, una pazienza attiva”, non si fa scrupolo di scagliarsi contro quel trattato di Westfalia che nel 1648 pose fine alle guerre di religione europee e gettò le basi del sistema dell’indipendenza e della sovranità nazionale, è uno di quelli che sostengono un tale impero globale.

Egli seguendo l’insegnamento del suo maestro, l’ex consigliere di Tony Blair, George Cooper, oggi direttore generale degli affari esteri e politici per il Consiglio dell’Unione Europea e primo consigliere del responsabile di politica estera dell’UE Javier Solana., ci fa sapere che lo stesso personaggio “ritiene che il 1989 abbia rotto il corso della storia europea (e forse planetaria) assai più profondamente di altri anni simbolo, quali il 1789, il 1815 o il 1919. Il 1989, infatti, non solo pone termine alla guerra fredda; segna anche il collasso finale del sistema che la Pace di Westfalia aveva instaurato nel 1648”.

E Padoa Schioppa ne fa anche cenno, quando scrive: “Che l’identità nazionale sia l’unico valido fondamento di un ordine politico è contraddetto dall’esperienza storica”.

Ma Cooper è ancora più esplicito: “L’impero è storia. Tutto ciò che sappiamo della storia, dall’impero Sumero a quello Babilonese, da quello Egiziano a quello Assiro, e poi la Persia, la Grecia, Roma, Bisanzio, le dinastie cinesi, l’impero carolingio, il Sacro Romano Impero, l’impero Mongolo e quello Asburgico, gli imperi spagnolo, portoghese, britannico, francese, olandese e tedesco, l’impero sovietico, più tanti altri che abbiamo dimenticato, tutto sta a suggerire che la storia del mondo è la storia dell’impero...”.E ancora: “Rispetto all’impero lo stato nazionale è un concetto nuovo. Il piccolo stato cominciò ad emergere nel Rinascimento e la nazione diventò un fattore politico importante solo nel XIX secolo. Da allora lo stato nazionale è stato per lo più confinato ad una ristretta parte del globo. Non è un caso che questa sia stata anche la parte più dinamica. La mancanza dell’impero però non ha precedenti storici. Resta da vedere se può durare. Vi sono ragioni sia teoriche sia pratiche per ritenere che non durerà” perché “un mondo di stati nazionali presenta un problema pratico “.

Ed infine: “La forma di espansione imperiale che consente il massimo allargamento è quella dell’Unione Europea”. Cooper raccomanda che l’EU si evolva in una nuova struttura chiamata “impero cooperativo” sul modello dell’antica Roma. Il 7 aprile 2002 Cooper ripeté gli stessi concetti in un articolo per il grande pubblico, sull’Observer, intitolato “Il nuovo imperialismo liberale”, in cui caldeggiò il ritorno a strutture imperiali e neocoloniali da XIX secolo. Un mese dopo, fu nominato all’alta carica in seno all’UE che attualmente ricopre.

Altra punta di diamante della casta imperialista, di cui abbiamo parlato in altri interventi, è il finanziere Carlo De Benedetti il quale ha ammesso candidamente il prossimo declino del sistema produttivo europeo e ha invitato la popolazione italiana a dedicarsi, in alternativa, ad attività culturali, turistiche e ad abituarsi all’idea di vivere da consumatori e non più come produttori.

Questa, poi, è una dichiarazione di Gianni Agnelli, da un'intervista rilasciata al "Corriere della Sera" il 30 gennaio 1975, che ci dice come il controllo delle nazioni da parte di lobby economiche sovranazionali sia un fatto non solo verosimile ma perfettamente normale:
"Probabilmente dovremo avere dei governi molto forti, che siano in grado di far rispettare i piani cui avranno contribuito altre forze oltre a quelle rappresentate in parlamento; probabilmente il potere si sposterà dalle forze politiche tradizionali a quelle che gestiranno la macchina economica; probabilmente i regimi tecnocratici di domani ridurranno lo spazio delle libertà personali. Ma non sempre tutto ciò sarà un male."

E questa è una dichiarazione del senatore Cossiga su Draghi, altro uomo di punta dell’oligarchia: "Sembra che Mario Draghi, gia' socio della Goldman & Sachs, nota grande banca d'affari americana, oggi Governatore della Banca d'Italia sia il vero candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di un "Governo istituzionale" - riporta l'Agenzia Agi - E cosi' avra' modo di svendere, come ha gia' fatto quando era Direttore Generale del Tesoro, quel che resta dell'industria pubblica a qualche cliente della sua antica banca d'affari".

Napolitano ultimamente ha parlato di “…impegno per garantire la pace anche al di fuori dei confini della stessa Europa e contribuire alla costruzione di un nuovo ordine mondiale”.

Ed ancora, Henry Kissinger :"Quello che ogni uomo teme è l’ignoto. Quando questo scenario si presenta si rinuncia volentieri ai propri diritti in cambio della garanzia del proprio benessere assicurata dal Governo Mondiale" (Henry Kissinger, Evian, Francia, 1991)

Dal piano del 1773 di Amschel Mayer Rothschild per “dominare le ricchezze, le risorse naturali e la forza lavoro di tutto il mondo”:

«La nostra politica deve essere quella di fomentare le guerre, per sprofondare sempre di più le nazioni nel loro debito, e di dirigere le Conferenze di Pace».

«Noi provocheremo la depressione industriale e il panico finaziario. La disoccupazione e la fame, imposte alle masse, creerà il diritto del capitale di regnare in modo più sicuro».

«Il “regno del terrore” dovrà accompagnare ogni sforzo rivoluzionario, perchè questo è il mezzo più economico per portare la popolazione ad una rapida sottomissione».

«Creeremo monopoli immensi e riserve di tale ricchezza colossale che persino le ricchezze più grandi dei Goym (cristiani) dipenderanno da noi in tale misura che essi raggiungeranno il fondo insieme al credito dei loro Governi, il giorno dopo la GRANDE CATASTROFE POLITICA».

«Spoglieremo i Goym delle loro proprietà terriere e industriali con una combinazione di tasse e concorrenza sleale e li porteremo alla rovina economica nei loro interessi finanziari nazionali e nei loro investimenti».

«Lanceremo una corsa agli armamenti in modo che i Goym si possano distruggere a vicenda, su scala colossale e, alla fine, nel mondo, non rimarranno altro che masse di proletariato con pochi milionari devoti alla nostra causa, con forze militari e di polizia sufficienti a proteggere i nostri interessi».

Da USA Banker's Magazine (Rivista dei banchieri americani), 25 Agosto 1924: “Il capitale deve proteggersi in ogni modo possibile con alleanze e legislazione. I debiti devono essere riscossi, le obbligazioni e i contratti ipotecari devono esser conclusi in anticipo e il più rapidamente possibile. Quando, mediante processi giuridici, le persone comuni perderanno le proprie case, diventeranno sempre più docili e saranno tenute a freno con più facilità attraverso il braccio forte del governo al potere, azionato da una forza centrale di ricchezza sotto il controllo di finanzieri di primo piano.
Questa verità è ben conosciuta tra i nostri uomini di spicco, adesso impegnati nel costituire un imperialismo del Capitale che governi il mondo.
Dividendo gli elettori attraverso il sistema dei partiti politici, possiamo far spendere le loro energie per lottare su questioni insignificanti. Di conseguenza, con un'azione prudente abbiamo la possibilità di assicurarci quello che è stato pianificato così bene e portato a termine con tanto successo...”

Il 17 febbraio del 1950 il banchiere James Warburg, alla Commissione Esteri del Senato americano: "Che vi piaccia o no, avremo un governo mondiale, o col consenso o con la forza".

Per finire, Michel Albert, presidente delle Assurances Générales de France, una delle grandi entità finanziarie che hanno promosso il Mercato Unico Europeo, in un saggio del 1989, "Crisi, disastro, miracolo” fa una prognosi sulla fine degli Stati nazionali che rivela un'analisi sicuramente già elaborata e un progetto di ingegneria sociale: .."L'Europa ‘92 lancia il Mercato Unico all'assalto degli Stati nazionali. Li smantellerà". Come? Con "l'anarchia che risulterà" da "un mercato libero e senza frontiere in una società plurinazionale che non riesce a prendere decisioni comuni". A questo "disastro" pianificato, l'oligarchia spera seguirà il "miracolo": gli Stati nazionali devastati invocheranno "una moneta comune, una Banca centrale europea e un bilancio comunitario".

MERIDIO SICULO - Fine I° parte

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I bambini di Cavour

dell'Abate Vella


«Nè va sottaciuto il fatto che il concetto di koinè si trascina dietro il pregiudizio che il dialetto regionale sia una lingua e non un dialetto. Conseguenza innocua, se dietro al concetto di lingua non stia spesso (o non sia stato) quello di nazione»
Salvatore C. Trovato


Il cavo sottomarino che presto unirà direttamente la Sicilia all'India potrà mai fare sentire ai Siciliani i battiti di una nazione che ha finalmente ritrovato la sua libertà, anche se ancora alle prese con i guasti ereditati dal dominio coloniale?

Thomas Babington Macaulay, primo barone di Macaulay, nacque il 25 ottobre 1800 da una famiglia scozzese emigrata in Inghilterra dalle highlands.

Macaulay fu poeta e storico, dedicandosi e pubblicando libri contenenti ballate ed episodi eroici della storia romana.

Fu anche un politico di un certo spessore e divenne membro del parlamento britannico.

L'apice della sua carriera lo raggiunse però grazie alle cariche che ricoprì nei vari organi preposti al governo coloniale dell'India. Anzi si può senza ombra di dubbio affermare che fu lui il vero conquistatore del subcontinente.

Egli andò in India nel 1834 e secondo i libri di storia patria creò le gloriose basi sulle quali fu costruita l'India coloniale bilingue, convincendo il governatore a soppiantare le lingua ufficiali di allora (arabo e sancritto) con l'inglese nel sistema educativo indiano.

Ecco come perorò la sua causa di fronte al parlamento britannico il 2 febbraio 1835:

“Ho viaggiato attraverso l'India in lungo ed in largo e non ho visto ombra di straccione o di ladro. Ho visto una tale ricchezza in questa nazione, valori morali cosí alti, gente di un tale calibro, che non penso potremo mai conquistarla a meno che non spezziamo la vera e propria spina dorsale di questa nazione che é il suo patrimonio spirituale e culturale, per cui propongo di rimpiazzare il suo antico sistema educativo, la sua cultura. Perché se gli indiani pensano che tutto quello che sia straniero ed inglese é buono e sia migliore del loro, essi perderanno la loro autostima, la loro cultura e diventeranno quello che noi vogliamo che siano, una nazione sottomessa.”

Ancora oggi con il termine “Macaulay children” (I bambini di Macaulay) si indicano quegli indiani che adottano la cultura occidentale come modello o che dimostrano comportamenti influenzati dai colonizzatori.

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domenica 9 marzo 2008

Il nuovo diritto sessuale germanico

di Maurizio Blondet


BERLINO: Una donna ha messo in vendita se stessa in un’asta del sesso online; sei uomini l’hanno «vinta» (probabilmente alzando il prezzo fino all’aggiudicazione) e la donna ha avuto rapporti con questi sei tra aprile e maggio 2007. Di queste persone che ha fatto entrare nel suo corpo, la donna conosce solo il nickname, lo pseudonimo con cui si sono presentati su internet. Poco dopo, la donna si accorge di essere incinta. Adesso vuol sapere chi è colui che l’ha ingravidata: si rivolge al sito sexy perché le comunichi i nomi veri dei sei uomini. il sito si oppone, in nome della privacy; sono le regole del «gioco», dopotutto. Apposte bene in vista sul sito: niente nomi, è la condizione primaria.

Ma la donna si rivolge a un tribunale di Stoccarda: il bambino che nascerà ha diritto di conoscere suo padre. E’ un classico conflitto «giuridico» post-moderno: il «diritto alla privacy» dei maschi coinvolti contro il diritto del bambino. Il tribunale ha deciso che il diritto del bambino viene prima del diritto dell’ingravidatore all’anonimato. Il gestore del sito, magnaccia elettronico, dovrà sputare i nomi dei sei. Ora i sei non più anonimi saranno sottoposti, probabilmente, all’esame del DNA. Una squallida orribile storia post-moderna.

Si ammutolisce, non si sa che dire. Ma forse vi brilla una piccola luce. Dopo tanto sesso artificiale e irresponsabile, si poteva pensare che la donna avrebbe abortito, strappato da sé quel feto estraneo come un callo o una verruca, effetto collaterale sgradito della «libertà». Invece, a quanto pare, ha obbedito ad un impulso naturale, finalmente. Si tiene il bambino. E come naturalmente ogni donna, vuole sapere chi è il padre.

Lo sconosciuto nickname deve diventare una persona, per lei. Magari da odiare e trascinare in giudizio, ma una persona. La donna «non gioca più», adesso. Chissà se ha capito che il sesso preso per gioco o per profitto è un inferno satanico, qualcosa che offende una vita nascente e innocente.
Chissà se è così, o se c’è dietro questa orribile storia un calcolo più sordido, quello di «chiedere i danni».

La scarna notizia Reuters non precisa se il tribunale ha indagato le motivazioni della donna nel suo reclamo. Forse sono quei giudici le figure meno salvabili, nonostante la sentenza «giusta»: impassibili, hanno deciso in un orrore umano - che grida vendetta al cospetto di Dio - come si trattasse di un contratto e un contrasto fra due «libertà» nella sua stipulazione. Impassibili, non hanno condannato l’asta del sesso: è diventato un diritto. Questa impassibilità di pietra è parte del nuovo nascente diritto germanico, come viene promosso dal Ministero della Famiglia.

Riposto qui sotto un articolo segnalato da un lettore, e apparso su Tempi («Perversione pubblica», 30 agosto 2007), perché spiega tutto.

da EFFEDIEFFE.com

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E la bellezza dov'è?

di Antonio Socci

C’è qualcuno – fra i partiti che si azzuffano alle elezioni per poi spartirsi la torta del potere – che metterà al primo punto del suo programma la Bellezza, la difesa della Bellezza, il diritto alla Bellezza in questa Italia che fu (e dolentemente sarebbe ancora) la patria della Bellezza? E c’è qualcuno che se ne ricorderà soprattutto a Roma che è la città della Bellezza? Sicuramente no. Eppure la Bellezza non è un lusso, è il pane dei poveri, la loro unica ricchezza. La Bellezza non è fatta di lustrini e veline, povere ombre effimere di un teatro di cannibali (il volto di Madre Teresa era bellissimo e quello di Karol Wojtyla più bello di qualunque attorucolo hollywoodiano). La Bellezza dà senso alla vita. Ammoniva Dostoevskij nei “Demoni” (che è il suo romanzo più politico, quello dove profetizza l’orrore che l’ideologia provocherà nel Novecento): “Sappiate che l’umanità può fare a meno degli Inglesi, che può fare a meno della Germania, che niente è più facile per lei che fare a meno dei Russi, che per vivere non ha bisogno né di scienza né di pane, ma che soltanto la bellezza le è indispensabile, perché senza bellezza non ci sarà più niente da fare in questo mondo”.

Non c’è nessuno che abbia il senso tragico del momento che viviamo. Nessuno che si alzi di un centimetro sopra gli avvenimenti e ne sappia leggere la logica (suicida), il punto di approdo e di crollo. Non solo nella “classe dirigente” (si fa per dire) italiana. La tecnocrazia europea è assai peggiore. Eppure la gente lo sente, avverte che abbiamo perduto l’essenziale. Vorrei sentir dire a qualcuno le parole di Robert Kennedy: “Il dramma della gioventù americana è che sa tutto eccetto una cosa. E questa cosa è l’essenziale”. Continuerà a ignorarlo e ad affossarsi, la nostra gioventù, se – per esempio – le università saranno sempre nelle mani di minoranze fanatiche che inalberano cartelli dove sta scritto: “Non vogliamo padri” (come è accaduto all’Università di Roma per impedire l’arrivo del Papa).

A volte mi viene in mente un’invettiva dell’autore del “Piccolo principe” che dice brandelli di verità: “Odio la mia epoca con tutte le mie forze. In essa l’uomo muore di sete e non esiste al mondo un problema più grande di questo: dare agli uomini un senso spirituale, un’inquietudine spirituale. Non si può vivere di frigoriferi, di bilanci e di politica. Non si può! Non si può vivere senza poesia, senza colore, senza amore. Lavorando unicamente per acquistare dei beni materiali finiremo con il fabbricarci una vera e propria prigione”.

Un inferno. Popolato di demoni e beni di consumo. Di monnezza e di palline da golf perdute. Di vecchi abbarbicati al potere e di giovani incapaci della più piccola nobiltà d’animo. Di assatanati del sesso. Di incapaci di rispettare i deboli. Di ragazze ridotte a cose da possedere anche a costo di violentarle. Di figli ridotti a prodotti da “fabbricare” a proprio gusto o da scartare ed eliminare se “difettosi”. Di una cultura che esalta solo e sempre la brama di possesso, il potere e il denaro (e soprattutto la loro esibizione), mentre la vita reale della metà delle famiglie italiane sta sprofondando letteralmente nella povertà. E se ne approfitta per produrre parole parole parole…

Giorni fa vedevo un programma d’informazione in tv che da anni fa la stessa puntata: non parla che delle bollette e delle buste paga, della finanziaria e della rata del mutuo. Da mesi e da anni. Oltretutto un parlare del tutto vano perché la gente, sempre più impoverita, non si sente dire la verità, non si sente dire “per colpa di chi”. E ora non riesce più neanche ad acquistare le medicine per curarsi. Nessuno ha il coraggio di dire la verità e nessuno la difende.

Ma mi chiedo se la vita e il destino di un popolo sia tutto e solo lì, nelle bollette. Oltretutto questo popolo non fa più figli, perché fare figli significa essere condannati alla povertà; perciò fra venti anni il popolo italiano sarà vicino all’estinzione. Senza speranza. Dicono certi sondaggi che quello italiano è un popolo triste e senza speranza. Nel dopoguerra eravamo molto più poveri, addirittura fra le macerie, un paese in ginocchio. Ma avevamo una grande risorsa che ha fatto “il miracolo”. Qual era? Cosa abbiamo perduto? Perché nessuno sa dirlo? Beh, lo dirò io: la fede cristriana. Questo abbiamo perso. Cioè l’amore alla vita. “L’umanità è giunta a un punto vergognoso! Non siamo liberi da noi stessi. Io parlo perché tutti capiate che la vita è semplice e che per salvarvi, salvare voi stessi e salvare i vostri figli, la vostra discendenza, il vostro futuro, dovete ritornare al punto dove vi siete persi, dove avete imboccato la via sbagliata! Bisogna tornare al punto di prima, in-quel-punto dove voi avete imboccato la strada sbagliata”.

E’ il “folle di Dio”, Domenico, nel film “Nostalghia” di Andrej Tarkovskij, che grida queste parole, poco prima di sacrificare se stesso sopra la statua del Marco Aurelio in Campidoglio. Ma in quale punto abbiamo “imboccato la via sbagliata”? A quale crocevia ci siamo smarriti? Sfogliando un libro di antiche icone russe, Alexander, il protagonista del “Sacrificio” (il successivo e ultimo film di Tarkovskij), si dice colpito da quelle splendide tavole per la “saggezza e spiritualità (…) profonda e virginale nello stesso tempo. Incredibile come una preghiera”. Ma aggiunge, con sconcerto: “tutto questo è andato perduto. Non siamo più neppure capaci di pregare”.

Due sequenze con le quali Tarkovskij ci dice che si sono perdute (o abbandonate) al tempo stesso la Bellezza e la Fede. Che poi sono la stessa cosa. Pavel Edvokimov scrive: “Ciò che è bello è la presenza di Dio fra gli uomini”. Un cataclisma si è dunque consumato agli esordi del Novecento. Preparato da qualche secolo. Si è preteso di cancellare – anche al prezzo di stragi e persecuzioni bestiali – la presenza di Dio fra gli uomini.

Così si è cancellato l’uomo. E si è cancellata anche la bellezza. Infatti non c’è più bellezza, neanche nelle chiese. Non c’è più la forma umana. E non c’è più neanche lo stupore per la realtà creata. Un filosofo straordinario come Wittgenstein diceva: “E ora descriverò l’esperienza di meravigliarsi per l’esistenza del mondo, dicendo: è l’esperienza di vedere il mondo come un miracolo”. Non è più così. I “miracoli” sono stati aboliti innanzitutto dai teologi che si scagliano contro i santi e pretendono di legare le mani alla bontà di Dio. Ebbe modo di prevedere questa china quel grande che era Franz Kafka quando notò: “Non ci sono più miracoli, ma solo istruzioni per l’uso”. Ci sono solo norme, regole, vademecum, anche nella Chiesa che pure è il luogo dei miracoli, che pure sarebbe cielo e terra nuova, dove i miracoli veramente accadono. Dice Tarkovskij: “non si è più capaci di ammettere, neppure per ipotesi, il miracolo”. Perduto il significato siamo precipitati tutti – uomini, popoli e cose create - nell’assurdo e quindi anche nel brutto. L’arte si è disumanizzata e ha celebrato la distruzione del “personaggio uomo” e della realtà creata. Sono diventate “opere d’arte” gli orinatoi e la “merda d’artista”. Così “l’abolizione della bellezza è la fine dell’intelligibilità del mondo” (F. Schuon). Ma è anche la fine del mondo.

da “Libero”, 24 febbraio 2008

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Radicali, forza contro la Chiesa e contro il Popolo

Scritto da: Mons. Luigi Negri* il 28-2-2008


Benedetto XVI ha affermato a Verona che in Italia la fede e la cultura del popolo sono state sempre profondamente intrecciate; infatti, la fede cattolica ha generato un tipo di cultura e di socialità con riferimenti fondamentali che hanno resistito per secoli: la centralità della persona, la sacralità della famiglia, la sacralità della generazione, la libertà di coscienza, la libertà di cultura e di educazione.

Per questa sostanziale cultura popolare i cristiani hanno “resistito” in profondità alle varie degenerazioni di tipo totalitarie, all’est come all’ovest. I comunisti che sono stati gli avversari storici dei cattolici hanno certamente ingaggiato, con i cattolici, un confronto duro, una lotta, ma indubbiamente, come ha ricordato recentemente il Card. Bagnasco, alcuni valori delle due “chiese”, per dirla come Gramsci, erano singolarmente prossimi anche nella varietà delle motivazioni e delle giustificazioni.

I radicali no, sono un’altra cosa; non sono una cultura di popolo, sono un movimento borghese, aristocratico culturalmente, economicamente ben dotato, che hanno ingaggiato una lotta ad oltranza per la fine del cattolicesimo, quindi per la fine della cultura popolare in Italia, iniziando e portando a termine quella che il buon Pasolini chiamava una “omologazione del popolo italiano in senso laicista”. Le battaglie che portano il loro nome, come la legge sul divorzio, hanno sottoposto anche dal punto di vista laico la sacralità o la definitività di un rapporto agli istinti, agli umori, alle convenienze, agli interessi e hanno distrutto quella realtà della famiglia che costituisce, oltre che l’ambito generativo, l’ambito di educazione dei bimbi, dei ragazzi, dei giovani. La situazione gravissima in cui versa la maggior parte della gioventù del nostro paese è la consistente prova del disastro della legge sul divorzio.

La legge sull’aborto, oltre ad impedire la nascita di quattro milioni di italiani, ha sostanzialmente fatto diventare la vita un problema tecnico, aprendolo alle più diverse manipolazioni, sottolineando in maniere esclusiva il diritto della donna contro qualsiasi altro diritto, ovviamente quelli di Dio, ma anche quelli della famiglia e della società.

Le battaglie per la liceità della manipolazione della vita, per l’eutanasia e quant’altro cercano di portare a termine questa disintegrazione della cultura cattolica del popolo italiano.

La libertà delle droghe ha teso ad identificare nell’immaginario comune moralità e immoralità.

Per questa grande opera i radicali hanno avuto a disposizione l’enorme strumentazione massmediatica che è servita da cassa di risonanza per questa mentalità che si dice evoluta, ma che sostanzialmente è materialista ed edonista. La sinistra comunista si è accodata quasi sempre a queste battaglie che non nascevano dalla sua identità profonda, ma che assumeva per ragioni di convenienza politica. Le battaglie radicali sono state anche le battaglie dei comunisti, perché i comunisti hanno capito che soltanto così sarebbero arrivati al potere e avrebbero potuto gestire il potere.

Aveva ragione il più acuto studioso di problemi del comunismo e del cattolicesimo in Italia, Augusto Del Noce, che nei suoi due volumi straordinariamente attuali - Il suicidio della rivoluzione e Il Cattolico comunista - diceva che i comunisti per arrivare al potere avrebbero venduto i loro valori fondamentali per trasformarsi in un grande partito radicale di massa.
L’ingresso di rappresentanti del Partito Radicale nelle liste del Partito Democratico compie questa sostanziale identificazione della forza egemone della sinistra con questa mentalità della quale, tutto si può dire, meno che sia una mentalità del popolo e al servizio del popolo.

Le conseguenze di questa mia posizione sono così evidenti che non vale nemmeno la pena di esplicitarle.

*Vescovo di San Marino-Montefeltro

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