domenica 27 aprile 2008

Un nuovo impero alle porte? (II parte)

di Meridio Siculo

Abbiamo parlato nella prima parte dedicata al “Nuovo Ordine Mondiale” della volontà imperiale delle oligarchie massonico-finanziarie che hanno sempre avuto il loro centro nevralgico nella City di Londra e importanti ramificazioni nel resto del pianeta.

Abbiamo anche accennato alle modalità usate da queste per raggiungere l’obbiettivo perseguito: distruggere economicamente gli stati nazionali per costringere i governi a cedere le loro sovranità.

Ma quando si è manifestato quest’ultimo rigurgito imperiale?

E come si è potuto affermare in maniera così decisiva?

Nel 1694 viene fondata la Banca d’Inghilterra ovvero la prima banca centrale (privata) del mondo. Con essa ha anche inizio la grande truffa del signoraggio che, ricordiamolo, consiste nel fabbricare il denaro a costo infimo e nel prestarlo allo stato e alla comunità al suo valore nominale. Le ingenti ricchezze ricavate da tale pratica danno il via a quel sistema di dominio economico, di corruzione politica e di controllo mediatico che permette a coloro che hanno il pallino della conquista globale di impadronirsi a basso costo delle risorse economiche del mondo e di condizionare i governi per ottenere una legislazione a loro favorevole.

Diceva Thomas Jefferson, nel 1776:

“Se gli Americani consentiranno mai a banche privati di emettere il proprio denaro, prima con l'inflazione e poi con la deflazione, le banche e le grandi imprese che ne cresceranno attorno, priveranno la gente delle loro proprietà finché i loro figli si sveglieranno senza tetto nel continente conquistato dai loro padri. Il potere di emissione va tolto via dalle banche e restituito al popolo, al quale esso appartiene propriamente.”

E Sir Josiah Stamp, direttore della Banca d’Inghilterra negli anni venti:

“L'attività bancaria fu fecondata con l'ingiustizia e nacque nel peccato. I banchieri posseggono il mondo. Toglieteglielo via lasciandogli il potere di creare denaro e con un colpo di penna creeranno abbastanza depositi per ricomprarselo. Toglieteglielo via in qualunque modo e tutti i grandi patrimoni come il mio scompariranno, ed è necessario che scompaiano affinché questo diventi un mondo migliore in cui vivere. Ma se preferite restare schiavi dei banchieri e pagare voi stessi il costo della vostra stessa schiavitù, lasciate che continuino a creare denaro.”

Nel 1763 col Trattato di Parigi, l’Inghilterra ottiene dalla Francia il Canada e tutte le terre ad est del Missisipi; ottiene pure molti territori dell’America centrale e si assicura, infine, il predominio in India..

Inizia così l’ “epopea” dell’Impero Britannico.

Un impero pronto a soggiogare i popoli sia con armi convenzionali che economiche, secondo un copione costantemente adeguato ai tempi e grazie anche all’apporto di manipolatori culturali, sedicenti scienziati, e al controllo dei più importanti mezzi di comunicazione.

Un impero le cui possibilità di successo e di durata sarebbero state garantite solo impedendo alle nazioni qualsiasi possibilità di sviluppo economico che potesse anche lontanamente mettere in pericolo i profitti del connubio bancario-industriale britannico, ovvero la gallina dalle uova d’oro che doveva arricchire smisuratamente la causa imperiale degli oligarchi.

Un impero che domina sin dall’inizio il mare e che per questo ostacola costantemente la realizzazione di infrastrutture viarie in Europa, in America e in Asia, specie quelle transcontinentali, perché consapevole che i trasporti e i commerci dei beni, soprattutto sulla lunga distanza, sarebbero potuti avvenire in maniera più efficiente per via terrestre.

Ogni centimetro di movimento merci compiuto per terra, grazie ai progressi della scienza e delle tecnologie, avrebbe potuto, infatti, significare per i territori interessati un aumento dei poteri produttivi della propria economia nazionale; mentre i trasporti marittimi, non coinvolgendo le popolazioni all’interno del territorio di uno stato, non ne avrebbero migliorato mai l’economia, ma sarebbero serviti solo a vessare i governi e a costringerli a subire i diktat economici dei potentati britannici.

Per questo gli americani combatterono la loro guerra d’indipendenza! Essi vollero, infatti, scrollarsi di dosso la soffocante signoria inglese che voleva relegarli al solo ruolo di fornitori di materie prime, impedendo loro qualsiasi attività industriale. E una volta liberi, dopo aver trasferito la sovranità monetaria allo stato, procedettero alla realizzazione di tutte quelle infrastrutture necessarie a sviluppare attorno ad esse quel grande tessuto produttivo che, protetto adeguatamente da misure doganali e da accordi commerciali, permise in poco tempo alla loro nazione di divenire la più potente economia del mondo.

Così pure la Germania di Bismarck volle sfidare l’Impero Britannico, non più con la guerra, ma con lo sviluppo economico derivante dalla costruzione di nuove infrastrutture e di un nuovo assetto giuridico del paese, grazie anche ai consigli dei circoli americani appartenenti alla tradizione di Lincoln;

e così anche la Russia con la costruzione della ferrovia Transiberiana.

In Italia, invece, Cavour e i suoi amici preferirono realizzare in piccolo quanto gli inglesi avevano fatto con le loro colonie e cioè una finta nazione in cui una parte di essa esercitava una vera e propria egemonia imperiale sulla parte rimanente.

Una delle armi più efficaci di cui si serve l’Impero per instaurare e mantenere il suo predominio nel mondo è quella della diffusione di una cultura funzionale ai suoi interessi. Una serie di personaggi più o meno qualificati, ma certamente ben remunerati, indossa le vesti di valenti studiosi e, grazie ad una sapiente e capillare campagna mediatica, riesce a creare un clima intellettuale e una mentalità “scientifica” fatta apposta per supportare e giustificare le scelte e i procedimenti delle oligarchie.

Tra i promotori di questa new-age del pensiero spiccano sin dall’inizio i nomi di un oscuro impiegato della Compagnia delle Indie, tale Adam Smith e di un agronomo chiamato Carles Darwin. Essi saranno quelli che influiranno più di tutti nella cultura economica e scientifica e nell’immaginario collettivo degli ultimi due secoli: il primo per le esortazioni fatte agli stati a non intervenire nella vita economica dei loro territori, ma a lasciar fare alle leggi della concorrenza e il secondo per le affermazioni a favore della lotta per la sopravvivenza del più forte.

In pratica, il primo sarebbe servito a spianare economicamente la strada del colonialismo imperialista, mentre il secondo a giustificarlo scientificamente!

Per un qualunque stato, infatti, il “non intervenire nell’economia del proprio territorio” avrebbe significato, secondo il pensiero dell’ “economista” Smith, la rinuncia alla potestà monetaria e la rinuncia a quegli investimenti infrastrutturali e a quelle misure di protezione atte a preparare il terreno economico e a preservare la produzione industriale. In ultima analisi, lo stato evrebbe dovuto rinunciare al compito di garantire il benessere della sua popolazione, consegnare il proprio destino nelle mani del predatore più forte e rassegnarsi a svolgere il ruolo marginale dello schiavo.

Dietro l’apparente ieraticità di siffatti “gentleman” continuava a celarsi tutta la violenza e la bramosia di una casta oligarchica che aspirava solo a dominare il mondo.



***
Il politologo e teorico dell'economia, nonché sedicente cattolico, Michael Novak in un suo intervento all’ONU nel 1981:

“Smith merita davvero di essere definito il padre dell’idea di sviluppo dell’economia internazionale”...Egli, poi, consiglia ai paesi in via di sviluppo di sottoporre le loro economie ai suoi dogmi.



La rivista dei banchieri USA Banker's Magazine, il 25 Agosto 1924:

“Il capitale deve proteggersi in ogni modo possibile con alleanze e legislazione. I debiti devono essere riscossi, le obbligazioni e i contratti ipotecari devono esser conclusi in anticipo e il più rapidamente possibile. Quando, mediante processi giuridici, le persone comuni perderanno le proprie case, diventeranno sempre più docili e saranno tenute a freno con più facilità attraverso il braccio forte del governo al potere, azionato da una forza centrale di ricchezza sotto il controllo di finanzieri di primo piano.
Questa verità è ben conosciuta tra i nostri uomini di spicco, adesso impegnati nel costituire un imperialismo del Capitale che governi il mondo.
Dividendo gli elettori attraverso il sistema dei partiti politici, possiamo fargli spendere le loro energie per lottare su questioni insignificanti. Di conseguenza, con un'azione prudente abbiamo la possibilità di assicurarci quello che è stato pianificato così bene e portato a termine con tanto successo.”



Da Citation from Tragedy and Hope – A History of the world in Our Time, by Carroll Quigley, GSG Associates, California 1966:

“Oltre a questi obiettivi pragmatici, i poteri del capitalismo finanziario avevano un altro scopo più ampio, nientemeno che di creare un sistema mondiale di controllo finanziario, in mani private, capace di dominare il sistema politico di ciascun paese e l'economia del mondo nel suo insieme. Questo sistema doveva essere controllato in un modo feudalista da parte delle banche centrali del mondo che agiscono di concerto, attraverso accordi segreti cui si arrivava durante frequenti incontri e conferenze private. L'apice del sistema sarebbe stata la Bank for International Settlements (BIS) di Basilea, in Svizzera, una banca privata di proprietà e sotto il controllo delle banche centrali mondiali, esse stesse corporazioni private. Ogni banca centrale cercava di dominare il proprio governo tramite la sua capacità di controllare i prestiti al Tesoro, di manipolare i tassi di cambio della valuta estera, di influire sul livello delle attività economiche nazionali e di fare pressioni sui politici compiacenti tramite successive ricompense economiche nel mondo degli affari.”

(fine II parte)



Meridio Siculo, 22 aprile 2008

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