venerdì 12 dicembre 2008

«Ed ora, il Governo mondiale»

Ricevo da un affezionato lettore un interessante articolo di Maurizio Blondet che accende i riflettori su un'altro interessante articolo apparso sul Financial Times a proposito di Governo mondiale.

I nostri amici del FT colpiscono ancora, e ci mandano a dire qual è il punto di visto della Massoneria sulla politica mondiale. In breve: noi frammassoni abbiamo provocato la crisi finanziaria per vedere fino a che punto vi tenevamo in pugno, l'esperimento è riuscito benissimo, vi abbiamo fatto impoverire al punto da terrorizzarvi (proprio come fanno i mafiosi), adesso che vi abbiamo fatto pagare il pizzo abbiamo deciso di allentare la cinghia per darvi una piccola boccata d'ossigeno (vedi il prezzo del petrolio sceso di quasi 100 dollari al barile), ma in cambio voi popoli del pianeta vi sottomettete tutti, cancellate le vostre inutili identità nazionali e vi rendete tutti nostri schiavi!... Altrimenti per voi saranno guai!... L'avvertimento in perfetto stile mafioso è stato lanciato. Tutto il mondo è avvertito. In pratica la Massoneria si sta sfregando le mani, cominciando finalmente a pregustarsi i risultati di due secoli di rivoluzioni, guerre, annichilimento dei popoli, scristianizzazione dell'Europa, liberalismi, fascismi, comunismi, nazismi, leghismi, eccetera. Mai come oggi erano riusciti a tenere così in pugno l'Occidente e il mondo intero.

Trovo particolarmente interessante l'elogio fatto dal Financial Times a Barack Obama. D'altro canto qui si gioca in casa: Obama ha designato ben due pezzi grossi della Federal Reserve (alias massoneria finanziaria americana) nella sua squadra di governo: Timothy Geithner al Tesoro e Paul Volcker come consigliere finanziario. Il Financial Times ancora una volta ci crede tutti fessi.

A seguire l'articolo in questione.



«Ed ora, il Governo mondiale»

E' il titolo apparso sul Financial Times, il massimo organo dell'establishment finanziario della City ed è firmato dal Gideon Rachman, uno dei suoi maggiori columnist (1).

Ovviamente, il Financial Times e i suoi padroni vedono nella devastante crisi finanziaria una opportunità storica.

«E' sempre più chiaro che i più difficili problemi che hanno di fronte i Governi nazionali sono di natura sovrannazionale», scrive Gideon: «il riscaldamento globale (sic), la crisi finanziaria globale e la guerra globale al terrorismo».

Noi mondialisti, continua, pensavamo che l'instaurazione del Governo mondiale avrebbe richiesto due secoli. «Ma il mutamento di atmosfera politica segnala che possiamo arrivarci molto prima. La crisi finanziaria e quella climatica spingono i Governi nazionali verso soluzioni globali, anche in Paesi come la Cina e gli USA, tradizionali guardiani della sovranità nazionale».

Tutte le speranze del mondialista sono poste, occorre dirlo?, in Barak Obama: «Obama non condivide l'avversione dlel'amministrazione Bush per i trattati e gli accordi internazionali. Nel suo libro "The Audacity of Hope", Obama scrive: 'Quando la sola superpotenza mondiale auto-limita volontariamente il suo potere, e accetta a standard di condotta contrattati a livello internazionale, manda il messaggio: vale la pena di stare alle regole'. L'importanza che Obama assegna all'ONU è dimostrata dal fatto che egli ha scelto Susan Rice, una delle persone a lui più vicine, come ambasciatore dell'America alle Nazioni Unite, e non solo: le ha assegnato un posto nel Governo».

Infatti è la prima volta che l'ambasciatore USA all'ONU ha il livello di ministro.

Un segno delle idee che circolano nella cerchia più vicina ad Obama è un recente rapporto del Managing Global Insecurity Project (MGI), un ente in cui figura John Podesta, l'uomo che Obama ha scelto per guidare il «transition team», e Strobe Talbott, il presidente della Brookings Institution, di cui fa parte anche Susan Rice.

«Il rapporto del MGI sostiene la necessità di creare un alto commissariato dell'ONU per l'anti-terrorismo, un accordo sul cambiamento climatico negoziato sotto gli auspici dell'ONU e legalmente obbligatorio, nonchè la creazione di una "forza di pace" a disposizione dell'ONU forte di 50 mila uomini. I Paesi dovrebbero conferire la loro parte di truppe a questa armata, ma l'ONU ne avrebbe il comando diretto».

Gideon Rachman ammette: «Questo è un genere di idee che nel vecchio cuore dell'America, fa sì che gli ascoltatori dei radio-talk mettano mano ai loro mitragliatori. Ben conscio della delicatezza politica di tali idee, il rapporto MGI adotta un linguaggio edulcorante. Mette l'accento sulla necessità della leadership americana; usa il termine "sovranità responsabile" quando fa appello alla cooperazione internazionale, evitando la frase più radicale che si usa in Europa, "sovranità condivisa". E parla di "global governance" al posto di governo mondiale».

Infatti è l'Unione Europea che Rachman ha in mente come modello del futuro Governo mondiale.

«L'Unione Europea è già riuscita a mettere insieme un Governo continentale per 27 Paesi».

Il vero governo mondiale non è solo «cooperazione fra nazioni»; deve essere una entità con «caratteri di Stato, sostenuti da un corpo di leggi». E «la UE ha una corte suprema, una moneta, migliaia di pagine di leggi,una vasta burocrazia e la capacità di dispiegare forze armate. Non c'è ragione di ritenere che il modello europeo non possa «diventare globale».

D'accordo, ammette Rachman, l'idea è impopolare in USA e altrove. E che cosa importa?

«Anche nella UE l'idea rimane impopolare. La UE ha sofferto una serie di umilianti sconfitte nei referendum, tutte le volte che i piani per una unione più stretta sono stati sottoposti ai votanti». Ma il progetto eurocratico «procede veloce quando accordi di grande conseguenza sono conclusi tra i tecnocrati e i politici, e poi imposti senza fare appello diretto ai cittadini.

La "governance internazionale" tende ad essere efficiente solo quando è anti-democratica», perchè - spiega - «l'identità politica del cittadino medio resta testardamente locale».

L'ostacolo potrà essere superato facilmente, perchè Obama «e la sua cerchia» possono far conto su personalità parimenti «illuminate» dall'altra parte dell'Atlantico. Fra cui Rachman cita l'ebreo Jacques Attali, «consigliere del presidente Sarkozy», il quale sta dalla nostra parte. Attali infatti dice che «la frase 'global governance' è solo un eufemismo per 'governo globale'. E il motivo della crisi finanziaria internazionale è che abbiamo mercati finanziari globali, e manchiamo di un corpo giuridico globale».

E' dunque il vecchio progetto delle oligarchie transnazionali che torna, dietro Obama, dettandogli l'agenda. Chiusa la parentesi del potere neocon, che ha «disturbato» e deviato il progetto di Governo mondiale col suo unilateralismo talmudico, tornano in campo i pensatori della «interdipendenza», i Kissinger e i Brzezinski; tornano in attività i «laboratori culturali» del «progressismo globale», come appunto la Brooking Institution. E se Brzezinski e Kissinger sono alquanto vecchi, hanno però i loro allievi già piazzati al comando: Susan Rice, John Podesta, Strobe Talbott.

E' un progetto antico. Il 6 giugno 1991, nell'aprire l'annuale riunione del gruppo Bilderberg (quell'anno era a Sand in Germania), David Rockefeller si congratulò con i direttori di giornali presenti (c'era come sempre Arrigo Levi, direttore di La Stampa): «Ringraziamo i principali media e grandi giornali», disse il miliardario, «i cui direttori hanno partecipato alle nostre riunioni rispettando per più di quarant'anni il loro impegno di discrezione. Ci sarebbe stato impossibile sviluppare il nostro progetto sotto i riflettori. Ma oggi il mondo è più maturo e disposto a procedere verso un Governo mondiale... La sovranità sovrannazionale di una élite di banchieri mondiali è preferibile all'autodeterminazione che si praticava nei secoli passati».

Da «più di quarant'anni» i media ufficiosi avevano retto il bordone ai miliardari riuniti in segreto; oggi, possiamo dire, lo fanno da sessanta.

Anche i metodi per rendere superata l'«autoderminazione», ossia la democrazia politica, sono stati messi a punto da molto, molto tempo.

Era il primo settembre 1967 quando uno degli «illuminati» del Council on Foreign Relations, Daniel Boorstein, spiega su Fortune che la democrazia politica doveva essere cambiata in una «democrazia dei consumi».

«Una comunità di consumi è fatta di gente che sente di avere comuni interessi e comuni preoccupazioni che vengono dal consumare lo stesso genere di oggetti (...)», scriveva.

Il vantaggio rispetto alla democrazia, per le élite transnazionali, era parimenti spiegato: «La comunità di consumi è non-ideologica. Per fare parte della comunità di consumi non è richiesta alcuna professione di fede, nessun credo od ortodossia... La comunità dei consumi è democratica. E' la grande democrazia americana del denaro», spiegava senza ridere Boorstein, «che esaspera tanto gli aristocratici dei vecchi mondi. Le comunità dei consumi accettano volentieri gente di qualunque razza, provenienza, occupazione e livello di reddito, solo che possa pagarsene l'accesso».

E, accennando alla rivoluzione studentesca americana, che avrebbe contagiato la gioventù europea nel '68: «La lotta per i 'diritti civili' in USA è stata in gran parte una lotta per il diritto a consumare, per allargare e completare la democrazia del consumo» (2).

Proprio questo fu il senso e l'esito del Sessantotto: una rivoluzione «culturale» (volta non a prendere il potere, ma a cambiare la cultura corrente, la mentalità) in senso libertario-trasgressivo; la nuova mentalità, una volta instaurata, segna il trionfo di quel che Augusto Del Noce chiamò «lo spirito borghese allo stato puro», ossia la voglia di possesso e godimento privato «purificata» da ogni scrupolo religioso o morale.

Fu un movimento «spontaneo» molto ben guidato da chi sa creare gli ètats d'esprit adeguati.

Il 20 marzo 1969 il dottor Richard Day, già direttore della Planned Parenthood Federation of America (l'organizzazione finanziata dai Rockefeller per diffondere i contraccettivi, sotto la dizione edulcorante di «pianificazione familiare») lo spiegò molto chiaramente ad un congresso di medicina, dopo aver chiesto ai presenti di chiudere i registratori e smettere di prendere nota.

Uno dei medici, dottor Lawrence Dunegan, prese tuttavia degli appunti di nascosto; si segnò le frasi salienti, e tornato a casa cercò di ricordare il contesto in cui erano pronunciate (3).

Il dottor Day annunciava all'assemblea stranita che il nuovo ordine mondiale era in marcia: «Progettiamo di cominciare il 21mo secolo con un sparo d'inizio; ogni cosa è al suo posto ormai e nessuno può più fermarci», disse.

Poichè il congresso medico era dedicato alla cosiddetta pianificazione familiare, il dottor Day cominciò ovviamente ad illustrare quella parte del progetto.

La prima necessità, disse, è il «controllo della popolazione». A questo scopo, il sesso andrà separato dalla riproduzione: l'urgenza sessuale è troppo forte perchè la gente vi rinunci. Avremo sesso senza riproduzione, e riproduzione senza sesso. Il trucco consiste non nell'attenuare la pulsione sessuale, ma nell'esaltare la pratica della sessualità non-riproduttiva. La contraccezione dovrà essere universalmente disponibile a tutti. Presto, profetizzò il dottor Day, essa non sarà fornita dalle farmacie, dove il richiedente può essere imbarazzato a chiedere; sarà esposta all'aperto, in distributori automatici.

L'educazione sessuale sarà educazione alla contraccezione. L'istruzione diverrà un mezzo per accelerare l'instaurarsi della pubertà.

Le parole usate dal dottor Day furono: «Possiamo spingere l'evoluzione ad essere più veloce e nella direzione che vogliamo».

E non basta: «L'aborto non sarà più un delitto. L'aborto sarà accettato come normale», disse Day. Lo disse nel 1969, quattro anni prima che la celebre sentenza della Corte suprema (Roe vs Wade) aprisse la strada alla legalizzazione, prima in USA e poi in Europa.

Ancora: «Sarà permesso essere omosessuali», profetizzò Day.

Una semplice «pillola dell'addio» (demise pill) consentirà l'eliminazione degli anziani, una volta divenuti non-produttivi. Papà e mamma la assumeranno spontaneamente, si spinse a prevedere, dopo una festicciola d'addio coi figli.

Del resto, «appariranno nuove malattie, difficili da diagnosticare e da trattare»...

Nel 1969, questi propositi apparvero assurdi. L'opinione pubblica si sarebbe opposta, si sarebbero opposte le famiglie.

Day sorrise a tanta ingenuità: «Oh, la gente dovrà abituarsi all'idea del cambiamento. Sarà così abituata al cambiamento, che si aspetterà cambiamento. Nulla sarà permanente».

Il metodo per cambiare leggi e costumi è già in opera, aggiunse: «Ogni cosa (che noi proponiamo) ha due scopi. Uno è lo scopo palese, che la farà accettabile alla gente; il secondo è lo scopo reale, quello che farà avanzare il nuovo ordine e lo consoliderà».

A volte, spiegò, basta «cambiare le parole» ammesse nel linguaggio pubblico, sui media.. e nelle Scritture.

Sì, il dottor Day parlò anche delle Scritture. Perchè, annunciò, nel nuovo ordine mondiale «la religione non è necessariamente male. A quanto pare molta gente ha bisogno di una religione, coi suoi misteri e i suoi rituali... e così gliela daremo».

Sarà una religione che mescola molte religioni attuali, funzionale al progetto. A questo scopo, la Bibbia deve essere cambiata. Ma non ci sarà bisogno di riscriverla: basterà «gradualmente sostituire» le parole essenziali con altre, aventi altre sfumature di significato. Questo ci consentirà di usare la variabilità di senso come strumento per cambiare il significato complessivo delle Scritture, nel senso voluto da noi, ma accettabile dai sacerdoti.

Perchè il dottor Day assicurò: «Molti di voi probabilmente credono che le chiese si opporranno; al contrario, ci aiuteranno!».

L'ostacolo è la Chiesa Cattolica Romana, disse. Ma una volta piegata questa, il resto delle denominazioni cristiane facilmente seguirà.

Era il 1969. A proposito del nuovo ordine , il dottor Day disse: «magari voi credete che io stia parlando di (una forma di) comunismo... ebbene, ciò di cui parlo è molto più grosso del comunismo!».

Anche in questo caso, non faceva che riecheggiare un più vecchio progetto, quello dichiarato da Aldous Huxley nel suo romanzo utopico «Brave New World»:

«Non c'è ragione che il nuovo totalitarismo assomigli al vecchio. Il Governo del manganello, dei plotoni d'esecuzione, delle carestie artifficiali e delle deportazioni di massa non è solo inumano; è inefficiente, e in questa età di tecnologia, l'inefficienza è il peccato contro lo Spirito».

«Uno Stato totalitario veramente efficiente sarà quello in cui gli onnipotenti direttori generali e il loro esercito di burocrati controlla una popolazione di schiavi che non ci sarà bisogno di coercire, perchè essi ameranno la loro servitù. Il compito di fargliela amare è assegnato, nell'odierno Stato totalitario, ai ministri della propaganda, ai direttori dei media e agli insegnanti elementari...».

Coloro che hanno provocato la crisi si aspettano dunque questo: che l'umanità da loro ridotta a gregge di schiavi consumisti, li implori di instaurare la loro dittatura mondiale per salvarli dal disastro della penuria, o anche solo della frugalità.



1) Gideon Rachman, «And now, for a world government», Financial Times, 8 dicembre 2008. Gideon Rachman è ebreo, ed è il commentator esteri del Times; prima è stato all'Economist, il settimanale dei Rotschild di Londra. Fra i personaggi che cita: Susan Rice, l'ambasciatire all'ONU di Obama, è una Rhodes Scholar, premiata dal primo centro mondialista della storia, il britannico Royal Institute of International Affairs (RIIA, alias Chatham House); inoltre è una consulente della McKinsey; ha fatto carriera politica all'ombra di Madeleine Albright. Strobe Talbott è uno «scienziato politico», laureato a Yale, dove è stato membro della società segreta Skull & Bones (1967-68); è membro della Trilateral e del Council on Foreign Relations; è stato vicesegrtario di Stato dal 1994 al 2001, sotto Clinton. Lasciato il Governo, è tornato a Yale a dirigere il Center for the Study of Globalization. Jacques Attali è stato l'eminenza grigia di Mitterrand nell'economia, ed è banchiere internazionale: per lui è stata creata la EBRD, European Bank for Reconstruction and Development, di cui l'eurocrazia l'ha fatto presidente.

2) Daniel Boorstein, «Welcome to the consumption community», Fortune, 1 settembre 1967.

3) «New order of barbarians», dalla trascrizione del dottor Dunegan. Le cassette audio sono distribuite da «Pro-Family Forum» P.O. Box 1059, Highland City, FL 33846-1059 ($20.00).

1 commento:

x_alfo_x ha detto...

Ingegnere...Tanti auguri a te e famiglia!!!!