sabato 9 agosto 2008

Addio Principe Azzurro: ora è diventato gay

A San Benedetto del Tronto, in occasione della chiusura delle attività del centro ricreativo estivo, gestito dalla Cooperativa Systema e organizzato dal Comune, è stato messo in scena uno spettacolo per i bambini, ma con il Principe Azzurro gay…

C’era una volta il Principe Azzurro. Arrivava al galoppo sul suo cavallo bianco per salvare fanciulle rinchiuse in torri impenetrabili e antri oscuri, prigioniere di draghi o vittime di un sonno incantato.

Nei casi peggiori era temporaneamente trasformato in rospo (o in una terrificante «bestia»), ma bastava il bacio d’amore della sua bella per farlo tornare in versione originale: affascinante ed eroico, pronto a tutto per la donzella del cuore. Bene, le bambine si rassegnino: ormai è roba sorpassata. Il principe delle fiabe versione 2008 non si dà certo da fare per soccorrere fanciulle in pericolo, né tantomeno per conquistarle. È diventato gay.

Così, almeno, è apparso a San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, in una recita teatrale che chiudeva le attività del centro ricreativo estivo, gestito dalla Cooperativa Systema e organizzato dal Comune. La rappresentazione, in cui recitavano bambini dai 4 ai dieci anni, si proponeva di reinterpretare in chiave moderna le fiabe della tradizione. Il risultato?Un’allegra reunion delle eroine più celebri - da Cenerentola a Biancaneve - che si contendevano in scena l’amore del (c’era una volta) coraggioso cavaliere. Comodamente assiso sul suo scranno, come i giovani narcisi corteggiati nel programma tv pomeridiano Uomini e donne, il novello «principe-tronista» non si è però lasciato impressionare. Tutt’altro. Seccato dalle avances delle donzelle, ha preferito andarsene con un «amico». Una scena capace di far schizzare alle stelle l’audience di qualunque reality, per la gioia di Maria De Filippi.

Ma il principe «rosa» non ha per nulla entusiasmato i genitori che affollavano il teatro per applaudire i propri pargoli, in tutto 180 famiglie. «Noi ci impegniamo per insegnare ai nostri figli dei valori - ha commentato a caldo il papà Nicola Perna, leggendo nel «gran rifiuto» del principe una chiara dichiarazione di omossessualità -. Poi ti ritrovi in mezzo a una recita del genere: mi sono sentito offeso». Il problema, continua, non è tanto il fatto che siano state portate in scena figure gay, ma che ciò sia stato deciso «senza dialogo con le famiglie, senza pensare che a 4 anni i bambini prendono tutto per vero».

Il presidente della cooperativa Manuel Pucci respinge però le accuse. «Lo scopo era criticare il mondo della Tv, con i personaggi delle fiabe costretti ad apparire nei programmi per conquistare il cuore dei bambini». Non solo. «Nella scena contestata, il principe non dice di essere gay, semplicemente si allontana con l’amico del cuore». A difesa dello spettacolo si è schierata anche l’assessore comunale alle Politiche sociali Loredana Emili: «La recita è stata varia. Solo un genitore l’ha interpretata in quel senso».


Metafora di una società senza più orizzonti


Da che mondo è mondo, le cose funzionano press’a poco così: da un lato c’è qualcuno che lancia provocazioni, dall’altro c’è qualcuno che si indigna. Una volta ottenuta l’indignazione, i giochi sono fatti: chi si indigna ha già perso.

Succede nelle dispute sulla bioetica, sull’eutanasia, sull’arte contemporanea, sui crocifissi nei locali pubblici, su mille altri temi.

Quello dell’omosessualità non manca mai all’appello.

Chi mi conosce sa quanto io sia debitore, nell’ambito che ha deciso la direzione della mia vita, a persone che - con diverso spirito e secondo diversi indirizzi morali e ideologici - hanno dovuto fare i conti, nella propria carne, con questa, che non è soltanto un’inclinazione.

Le due persone più importanti in questo senso sono, appunto, due omosessuali: il pittore Ottone Rosai, che era mio prozio, e lo scrittore e critico d’arte Giovanni Testori. Ho molti altri amici omosessuali, e sono tra le persone a me più care.

Da loro, e non da altri, ho imparato che l’omosessualità non è soltanto, come dicevo, un’inclinazione, ma un dramma capace di dar forma al carattere, al pensiero e al destino di un uomo o di una donna.

Da loro, e non da altri, mi viene l’insofferenza per ogni modalità di approccio al tema dell’omosessualità che non tenga conto di questo dramma, riducendo il problema a una banale questione di preferenze sessuali sullo sfondo - e qui sta il problema vero - di una società che si vuole sempre più indifferente a tutto.

Dietro la storiella, più che altro stucchevole, del Principe Azzurro che diventa gay (personalmente, avevo sempre sospettato che lo fosse), si nasconde un mondo piatto, una società che delega i valori all’opzione individuale, ben sapendo quanto può resistere un’opzione individuale, una società sempre meno virile, ossia sempre più incapace di farsi carico dei drammi personali: una società di uomini soli.

L’omosessualità che rivendica il proprio diritto alla normalità, diciamo pure alla banalità, diventa la metafora di un’intera società senza orizzonti. Lo dimostra, se ce ne fosse bisogno, il fatto che, spesso, per propagandare questa terribile normalizzazione, si scelgano persone incapaci di una libera valutazione del problema: i bambini.

Questo non ha nulla a che vedere con problemi molto più seri, come ad esempio il riconoscimento legale delle coppie gay. Ciò che irrita, qui, è la progressiva riduzione di questo e altri drammi sociali a dinamiche moraliste di banalizzazione, in cui tutto viene equiparato alle campagne antifumo o antialcoliche.

La mia opinione personale è che il vero obiettivo di questo gioco di provocazione/indignazione sia lo sradicamento dalla società, ad opera di questa o quella élite, dei valori che la fondano come tale, e che hanno il loro riferimento ultimo, qui da noi, nel cristianesimo.

Piaccia o no, è così: per costruire una società in cui il Principe Azzurro snobba Biancaneve e si unisce in secondo e riconosciuto rapporto con un altro Principe Azzurro, occorre, prima, eliminare il cristianesimo nella sua forma socialmente più determinante: quella cattolica.

È meglio dirsele chiare, le cose. Ma attenzione. Voi eliminate pure il cattolicesimo, se ci riuscite, ma in cambio dovrete accettare il più bieco moralismo sociale: una società cinica e indifferente è, infatti, anche una società terribilmente moralista, maniaca delle norme e dei divieti.

Non lasciatevi ingannare dall’equivoco della libertà: il nuovo Principe Azzurro governerà male, e sarà pedante fino a soffocarvi.

Il Giornale, 7 agosto 2008

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